Transizione 4.0, il tetto sale a 50 milioni per
investimenti orientati alla transizione
ecologica
di Franco Canna
Nel Decreto Sostegni Ter (pubblicato in Gazzetta Ufficiale come Decreto-legge
27 gennaio 2022, n. 4) il Governo interviene sul Piano Transizione 4.0 appena
rinnovato per il triennio 2023-2025, prevedendo l’introduzione di un nuovo
scaglione per gli investimenti digitali che dimostreranno di avere effetti positivi
sull’ambiente.
L’articolo 10, introdotto “last minute” nelle bozze del decreto (era nominato 9
bis nelle bozze), va ad aggiungersi al termine del comma 44, lettera b, della
legge di bilancio, dove si prevedono le nuove aliquote “dimezzate” per il
credito d’imposta per gli acquisti di beni strumentali materiali 4.0.
Ricordiamo, per chiarezza, che dal 2023 le aliquote saranno del 20% per
investimenti fino a 2,5 milioni di euro, del 10% per investimenti tra 2,5 e 10
milioni e del 5% per investimenti tra 10 e 20 milioni.
Il nuovo incentivo per la transizione ecologica
La disposizione introduce una nuova fascia, compresa tra 10 e 50 milioni. Una
fascia che però non sostituisce, ma si “affianca” parzialmente, per superarla,
alla terza attualmente esistente, quella tra 10 e 20 milioni.
La scelta del Governo è stata infatti di creare questa nuova fascia (ricordiamo
che gli importi si riferiscono all’ammontare complessivo dell’investimento e
non al singolo acquisto) per incentivare i grandi investimenti “inclusi nel
PNRR, diretti alla realizzazione di obiettivi di transizione ecologica”.
L’aliquota è fissata sempre al 5%, ma si capisce che si tratta di un incentivo
sostanzialmente diverso rispetto a quello “standard”. La doppia differenza
risiede nel fatto che gli investimenti devono essere “inclusi nel PNRR” e “diretti
alla realizzazione di obiettivi di transizione ecologica”, obiettivi che saranno
poi chiariti con un decreto ministeriale.
Sembra quindi che il Governo abbia voluto seguire l’approccio adottato per il
credito d’imposta per le attività di innovazione, dove l’entità del credito è
maggiorata laddove si dimostri il perseguimento di un obiettivo green. Qui
invece non cresce l’aliquota, ma cambia il massimale.
Per essere chiari vale la pena fare un esempio. Se l’investimento è pari a 40
milioni, i primi 10 saranno trattati come di consueto: 2,5 milioni al 20% (prima
aliquota) e 7,5 milioni al 10% (seconda fascia fino a 10 milioni). Per gli altri 30
milioni eccedenti la seconda aliquota si apre una duplice strada: se
l’investimento persegue gli obiettivi di transizione ecologica ed è compreso nel
PNRR, si potrà avere un beneficio del 5% su tutti i 30 milioni. Se invece non
ha le carte in regola per rientrare, potranno accedere all’incentivo “standard”
(sempre al 5%) solo 10 milioni.
Mentre la bozza prevedeva un “cap” complessivo di spesa pubblica pari a 30
milioni di euro l’anno, il testo approdato in Gazzetta ufficiale si limita a
quantificare il “maggior esborso” valutato in 11,1 milioni di euro nel 2023, 25
milioni di euro nel 2024, 38,8 milioni di euro nel 2025, 30,5 milioni di euro nel
2026, 16,6 milioni di euro nel 2027 e 2,8 milioni di euro nel 2028.
Tanti dubbi in attesa del decreto ministeriale
Forse non era l’intervento più richiesto e atteso dalle imprese, che anelavano
invece una proroga delle scadenze delle consegne per i beni acquistati nel
2021, attualmente fissata al 30 giugno 2022. E probabilmente non è
nemmeno l’intervento più “popolare” per fare incontrare le direttrici blue
(digitale) e green (ecologica) della transizione industriale, visto che si riferisce
solo a grandi(ssimi) investimenti. Tuttavia, proprio come il recente rinnovo del
piano Transizione 4.0, il nuovo provvedimento è un segnale importante che
mostra alle imprese l’idea del governo di lavorare sempre più per obiettivi.
Tutto chiaro? Ovviamente no. Restano da chiarire – ma confidiamo nella
maggiore chiarezza del decreto ministeriale – diversi aspetti.
Il primo è che cosa significhi “investimenti inclusi nel PNRR”. Ricordiamo
infatti che il rinnovo del piano 2023-2025 non è stato finanziato con le risorse
del PNRR. Il riferimento lascia invece intendere che questi 30 milioni
aggiuntivi potrebbero provenire proprio dalle risorse europee. Ma, ancora, che
cosa significa “investimenti inclusi nel PNRR”? Se sono i beni 4.0 previsti
nell’allegato A (ricordiamo infatti che il PNRR non ha mai finanziato i beni
tradizionali), la dicitura sarebbe inutile, visto che la norma è inserita proprio in
un comma che dei soli beni 4.0 parla. L’alternativa sarebbe immaginare che
per questi investimenti non valga più l’elenco dei beni previsto nell’allegato A,
ma si estenda a qualsiasi bene “digitale”.
La seconda perplessità riguarda la scelta di coprire solo gli investimenti tra 10
e 50 milioni. A concorrere al raggiungimento della soglia di partenza, i 10
milioni, devono essere tutti investimenti orientati al perseguimento di obiettivi
ecologici oppure si possono considerare tutti gli acquisti 4.0?
Ancora, per investimenti compresi tra 10 e 20 milioni quale sarebbe il
“vantaggio” di scegliere questo incentivo, che sicuramente richiederà l’onere
di dimostrare la destinazione d’uso dei beni, rispetto a quello più “easy”
esistente? Perché quindi questa parziale sovrapposizione delle aliquote?
E poi una domanda che è anche una riflessione: la sensazione è che questa
iniziativa più che perseguire un reale obiettivo di incentivare investimenti
green abbia un carattere “tecnico”: che sia cioè stata inserita per questioni
relative al raggiungimento di obiettivi legati al PNRR. Ma allora perché
inserirla, con un dettato normativo che oggettivamente non è il massimo della
chiarezza, tra le pieghe del piano Transizione 4.0 e non dargli un nome
autonomo, se – come pare più logico – col Transizione 4.0 avrà in realtà poco
da spartire?
Il testo della norma
Questo il testo approdato in Gazzetta ufficiale il 27 gennaio
Art. 10
Piano transizione 4.0
FONTE – INNOVATION POST