STRANO MA VERO – Rischi informatici, interruzione di attività e catastrofi naturali spaventano le aziende più del Covid-19

RAI (Radiotelevisione italiana S.p.A.) is Italy’s national public broadcasting company, owned by the Ministry of Economy and Finance. RAI operates many DVB and Sat television channels and radio stations, broadcasting via digital terrestrial transmission (15 television and 7 radio channels nationwide) and from several satellite platforms. It is the biggest television broadcaster in Italy.

Rischi informatici, interruzione di attività e
catastrofi naturali spaventano le aziende più
del Covid-19

di Daniela Garbillo

Qual è la maggiore preoccupazione per le aziende nel mondo? Il rischio di
attacchi informatici. A sostenerlo è l’Allianz Risk Barometer 2022, sondaggio
annuale di Allianz Global Corporate & Specialty (AGCS) che raccoglie le
opinioni di 2.650 esperti provenienti da 89 Paesi, tra cui CEO, risk manager,
broker ed esperti assicurativi.
Per la seconda volta nella storia del sondaggio, in cima alla classifica troviamo
i rischi informatici col 44% delle risposte. La minaccia di attacchi ransomware,
le violazioni di dati o le lunghe sospensioni dei sistemi IT, infatti, preoccupano
le aziende ancora di più dell’interruzione di attività (inclusi i blocchi della
supply chain) – che scende di poco al secondo posto (42%) – delle catastrofi
naturali (al terzo posto con il 25%) o della pandemia di Covid-19 (quarto posto
col 22% delle risposte). Il cambiamento climatico sale al sesto posto dal nono,
cioè nella posizione più alta mai raggiunta (17%).
La percezione dei rischi in Italia
La top 10 dei rischi, in Italia, vede per il secondo anno consecutivo i rischi
informatici e l’interruzione di attività al primo e al secondo posto,
rispettivamente col 52 e 45% delle risposte.
Le catastrofi naturali seguono al terzo posto con il 33%, e sostituiscono la
pandemia, che passa alla sesta posizione.
Il ransomware è la principale preoccupazione nell’ambito degli attacchi cyber
e cresce la consapevolezza delle vulnerabilità delle forniture (business
interruption).
Interessante notare che nella top 10 ci sono due “new entry”: il “Richiamo di
prodotti, mancanza di qualità, difetti seriali” al quinto posto e i “cambiamenti
nello scenario macroeconomico” al decimo, con particolare riferimento alle
dinamiche dell’inflazione.
L’impennata degli attacchi ramsomware preoccupa le aziende
Gli incidenti informatici sono tra i primi tre rischi percepiti nella maggior parte
dei Paesi intervistati. Il driver principale è la recente impennata degli attacchi
ransomware, che sono confermati dagli intervistati (57%) come la prima
minaccia per il prossimo anno.
I recenti attacchi hanno mostrato tendenze preoccupanti come le tattiche di
“doppia estorsione” che combinano la crittografia dei sistemi con la violazione
dei dati; lo sfruttamento di vulnerabilità del software che potenzialmente
colpiscono migliaia di aziende (per esempio, Log4J, Kaseya) o che prendono
di mira infrastrutture critiche fisiche (l’oleodotto Colonial negli Stati Uniti).
La sicurezza informatica è anche la principale preoccupazione delle aziende
in materia di Environmental, Social, Governance (ESG), con gli intervistati
che riconoscono la necessità di essere resilienti, di pianificare attività che
permettono di essere pronti in caso di future interruzioni e di fronteggiare le
crescenti richieste da parte di legislatori, investitori e altri stakeholder.
Supply chain sempre più vulnerabili
L’Interruzione di attività (BI) è al secondo posto della classifica. In un anno
segnato da interruzioni diffuse, la portata delle vulnerabilità nelle moderne
catene di fornitura e reti di produzione è più evidente che mai.
Secondo il sondaggio, la causa più temuta di interruzione di attività è quella
conseguente agli incidenti informatici considerando l’aumento degli attacchi
ransomware, ma anche l’impatto della crescente dipendenza delle aziende
dalla digitalizzazione e il passaggio al lavoro da remoto. Le catastrofi naturali
e le pandemie sono gli altri due importanti fattori scatenanti della BI secondo
gli intervistati.
Nel post-lockdown dello scorso anno, le impennate della domanda si sono
sovrapposte all’interruzione della produzione e della logistica, poiché le
epidemie di Covid-19 in Asia hanno portato alla chiusura le fabbriche e hanno
causato livelli record di congestione nei porti per le spedizioni dei container. I
ritardi legati alla pandemia hanno aggravato altri problemi della supply chain,
come il blocco del canale di Suez o la carenza globale di semiconduttori dopo
la chiusura degli impianti a Taiwan, in Giappone e in Texas a causa di eventi
meteorologici e incendi.
Secondo l’Euler Hermes Global Trade Report, nella seconda metà del 2022 la
pandemia di Covid-19 probabilmente sarà la causa dominante di interruzione
della supply chain, anche se si prevede che gli squilibri nella domanda e
nell’offerta globale si attenueranno e la capacità di spedizione dei container
migliorerà.
La pandemia fa meno paura dei cambiamenti climatici
Lo scoppio di una pandemia rimane una preoccupazione importante per le
aziende, ma scende dalla seconda alla quarta posizione (anche se il
sondaggio è stato fatto prima dell’emergere della variante Omicron).
Mentre la crisi del Covid-19 continua a mettere in ombra le prospettive
economiche in molti settori, le aziende sentono di essersi adattate bene. La
maggior parte degli intervistati (80%) pensa di essere adeguatamente
preparato per una futura situazione emergenziale. Migliorare la gestione dei
piani di business continuity è la principale azione che le aziende stanno
intraprendendo per diventare più resilienti.
L’ascesa delle catastrofi naturali e cambiamento climatico, rispettivamente in
terza e sesta posizione, è significativa, con entrambe le tendenze al rialzo
strettamente correlate. Gli anni recenti hanno dimostrato che la frequenza e la
gravità degli eventi meteorologici stanno aumentando a causa del
riscaldamento globale. Per il 2021, le perdite da catastrofi naturali assicurate a
livello globale hanno superato di gran lunga i 100 miliardi di dollari, il quarto
anno più alto mai registrato. L’uragano Ida negli Stati Uniti può essere stato
l’evento più costoso, ma più della metà delle perdite proveniva dai cosiddetti
danni secondari come inondazioni, piogge intense, temporali, tornado e
persino gelate invernali, che spesso sono eventi locali ma sempre più costosi.
Gli esempi includono la tempesta invernale Uri in Texas, il fenomeno di bassa
pressione denominato Bernd, che ha provocato inondazioni catastrofiche in
Germania e nel Benelux, le forti inondazioni a Zhengzhou, in Cina, e le ondate
di calore e gli incendi in Canada e California.
La preoccupazione di chi ha risposto all’Allianz Risk Barometer è rivolta agli
eventi meteorologici legati al cambiamento climatico che causano danni ai
beni aziendali (57%), seguiti dalla BI e dall’impatto sulla supply chain (41%).
Gli intervistati sono anche preoccupati di gestire la transizione delle loro
aziende verso un’economia a basse emissioni di carbonio (36%), di
soddisfare i complessi requisiti normativi e di reporting e di evitare potenziali
rischi di contenzioso per non aver preso adeguati provvedimenti per affrontare
il cambiamento climatico (34%).
Qualche differenza in base ai settori
Il rapporto stila anche le Top 5 dei rischi percepiti in base ai settori di attività.
Quello della tecnologia non registra cambiamenti significativi rispetto all’anno
scorso e vede al primo posto, col 52% delle risposte, i rischi informatici;
seguono l’interruzione di attività col 45% e la pandemia col 28%.
Qualche differenza in più si nota invece nel settore manifatturiero (automotive
incluso), che mette in cima alla classifica il rischio di interruzione di attività col
68% delle risposte, e i rischi informatici al secondo col 53%, ma rispetto allo
scorso anno le percentuali sono leggermente cambiate: lieve calo per
l’interruzione di attività (era il 63%) e aumento più sostenuto per i rischi
informatici (dal 41%). A sorpresa, inoltre, al terzo posto si posizionano le
catastrofi naturali, col 31% dei voti, mentre l’anno scorso non erano nemmeno
nella top 5.
Tra gli altri fattori che salgono e scendono nella classifica dell’Allianz Risk
Barometer di quest’anno: la carenza di forza lavoro qualificata (13%) fa il suo
ingresso nella top 10 dei rischi, in 9° posizione. Attirare e trattenere lavoratori
qualificati è stato particolarmente difficile. Gli intervistati classificano questo
rischio tra i primi cinque nei settori dell’ingegneria, delle costruzioni,
dell’immobiliare, dei servizi pubblici e sanità e il primo rischio per i trasporti.
Cambiamenti nello scenario legislativo e regolamentare rimane al 5° posto
(19%). Incendio ed esplosioni (17%) sono un rischio costante per le aziende e
si posizionano al 7° posto come lo scorso anno, mentre i cambiamenti nei
mercati (15%) scendono dal 4° all’8° posto rispetto all’anno precedente e i
cambiamenti macroeconomici (11%) scendono dall’8° al 10°.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.