SOCIETA’ ED ECONOMIA – Transizione ecologica: non c’è sostenibilità senza parità di genere

Transizione ecologica: non c’è sostenibilità
senza parità di genere


Il cambiamento ha bisogno del protagonismo di donne e giovani,
secondo quanto emerso all’evento nazionale sul Goal 5. Al centro anche
la prospettiva di genere sull’occupazione e la condizione femminile nel
settore agricolo
di Ivan Manzo
Per una rivoluzione sostenibile abbiamo bisogno delle donne e dei
giovani. Se ne è discusso durante l’evento nazionale del Festival dello
Sviluppo Sostenibile “Transizione ecologica: donne protagoniste”, che si è
tenuto giovedì 6 ottobre al Muse – il Museo delle Scienze di Trento.
L’evento, organizzato dal Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 5 (Parità di
genere) in collaborazione con il Muse e con la tutorship di Lavazza, ha
approfondito l’impatto che i cambiamenti climatici hanno sulle donne e, allo
stesso tempo, ha descritto il loro ruolo nella transizione ecologica.
In apertura dell’evento la moderatrice Karina Guarino Laterza, vice direttrice
Direzione documentari e presidente Commissione pari opportunità Rai, ha
ricordato che “la transizione ecologica deve vedere le donne
protagoniste. L’Agenda 2030 è l’unico piano che abbiamo per l’inclusione e
per difenderci dalle crisi”. Non è poi mancato un riferimento a quanto sta
avvenendo in Iran: “Meno di un mese fa per una ciocca fuori posto una
ragazza è stata giustiziata dalla cosiddetta polizia etica in Iran. Da allora ci
sono continue manifestazioni di donne e uomini per la libertà. Noi siamo con
loro, ‘donne, vita e libertà’ è anche il nostro slogan”.
Di seguito è intervenuto Pierluigi Stefanini, presidente dell’ASviS, che ha
richiamato l’attenzione su uno sforzo condiviso: “Qualche giorno fa abbiamo
presentato il settimo Rapporto ASviS. Le finestre temporali si fanno sempre
più strette, dobbiamo accelerare. Il Paese sullo sviluppo sostenibile non è
messo bene, dobbiamo aumentare il grado di impegno e determinazione. Ci
auguriamo che il decalogo presentato alle forze politiche sia preso come
riferimento dal prossimo governo. Nel dibattito pubblico è cresciuta la
consapevolezza sull’importanza della parità di genere, ma se guardiamo alla
realtà vediamo che ancora ci sono troppe resistenze. Dobbiamo creare le
condizioni per rimuoverle. Il Paese deve dotarsi di una strategia per
l’occupazione, a partire dalle donne. Serve un impegno comune”.
Marco Lavazza, vicepresidente Gruppo Lavazza, ha parlato delle
professionalità femminili, definite “chiave”, e del ruolo individuale: “Il
cambiamento non può che partire dalla nostra quotidianità e dalla
consapevolezza degli attori che possono accelerarlo. Come ci ha invitato a
fare il Papa, facciamo chiasso anche noi per portare il tema a tutti i
livelli. Finalmente si stanno facendo passi avanti sulla parità di genere, in
Lavazza stiamo lavorando duramente per rendere concreta l’Agenda 2030.
Abbiamo diversi progetti nel mondo a supporto delle coltivatrici di caffè”.
“Il Muse ce l’ha nel dna lo sviluppo sostenibile, e ora ci stiamo specializzando
sul tema dell’antropocene”, ha invece evidenziato nel suo intervento Laura
Strada, vicepresidente Muse, “abbiamo bisogno di un impegno trasversale
sulla parità di genere, che deve essere garantita anche dai finanziamenti
che arrivano dall’Europa”.
La parola è poi passata a Dora Iacobelli, coordinatrice Gruppo di lavoro
ASviS sul Goal 5, che ha ribadito che “non esiste sostenibilità senza parità
di genere. Donne e giovani sono i protagonisti per un reale cambiamento
della società sulle questioni dei diritti e dell’inclusione. Dobbiamo colmare il
gap di genere che ancora contraddistingue il nostro Paese. Più di un terzo
dei fondi del Pnrr sono in qualche modo destinati alla transizione ecologica,
e dunque cambieranno il mondo del lavoro e dell’occupazione. Un settore
fondamentale per le donne, dobbiamo fare in modo che vengano spesi con
una prospettiva di genere”.
È poi intervenuta Mara Cossu, direzione economia circolare del ministero
della Transizione ecologica, che ha risposto alla domanda: quanto si sta
facendo per promuovere la figura femminile nelle istituzioni? “In genere
dove c’è un buon numero di donne negli enti locali e in quelli regionali c’è un
approccio diverso al lavoro, che guarda moltissimo alla cura dei processi e
alle attività di custodia, in linea con la gestione della complessità di cui lo
sviluppo sostenibile ha bisogno”, ha dichiarato Cossu, “Le donne hanno un
ruolo fondamentale nella transizione e nella trasformazione dell’attuale
modello di sviluppo. Stiamo provando a costruire un approccio condiviso che
metta insieme diverse parti nel raggiungere un obiettivo comune. Lavoriamo
poi moltissimo sui fattori abilitanti: educazione, formazione, interazione con
l’imprenditoria femminile”.
Gianni Rosas, direttore Ilo per l’Italia, ha parlato del Goal 5 nei grandi
accordi internazionali: “All’interno delle negoziazioni sul clima nel 2019 è
stato sviluppato un piano globale d’azione per considerare le prospettive di
genere nelle decisioni. Recentemente è stata fatta una analisi dal gruppo ad
hoc sul tema che ha notato la necessità di rafforzare le prospettive di
genere nei vari piani di transizione ecologica presentati dai Paesi. Un
problema fondamentale è l’accesso alla terra che in molti Paesi le donne non
hanno. Si tratta di un elemento importante che ha a che vedere con i diritti di
proprietà e di uguaglianza. Per valutare e misurare oggettivamente i risultati,
dobbiamo avere dati disaggregati per genere, solo così possiamo capire i reali
impatti delle misure messe in campo”.
Ilaria Sisto, gender and development officer della Fao, ha invece avviato la
discussione sulla condizione femminile nel settore agricolo. “Nel 2021 881
milioni di persone sono state colpite dalla fame, 46 milioni in più rispetto al

  1. Il 32% delle donne ha avuto problemi con la sicurezza alimentare nel
    2020, cifra che si abbassa al 25% per gli uomini”, ha ricordato Sisto, “le donne
    partecipano poco ai processi decisionali. Non avendo poi accesso alla terra,
    non hanno garanzia di accedere a risorse finanziarie e tecnologiche. Un
    effetto che si ripercuote anche sulla salute dei suoli. Credo che
    l’agroecologia abbia un potenziale enorme nel non lasciare nessuno
    indietro. Nella transizione ecologica dobbiamo riconoscere la possibilità che
    tutti possano partecipare, dobbiamo investire nelle capacità tecniche e di
    leadership delle donne e ci dobbiamo interrogare sul perché le donne restano
    indietro nella filiera di produzione agroalimentare”.
    Per Paolo De Castro, parlamentare europeo e vicepresidente della
    Commissione agricoltura e sviluppo rurale, “L’agricoltura è parte della
    soluzione alla crisi climatica, abbiamo bisogno di più donne nel settore per
    renderlo più virtuoso. I dati dimostrano che più donne sono impegnate nei
    vertici aziendali e nelle posizioni dirigenziali della politica, più si velocizza la
    transizione ecologica”.
    Federico Brignacca, coordinatore del Gruppo di lavoro ASviS delle
    organizzazioni giovanili, ha sottolineato l’importanza di una alleanza tra
    donne e giovani per la buona riuscita del processo di transizione
    ecologica: “Deve esservi una grande sinergia tra donne e giovani, due
    fondamentali agenti del cambiamento. Uno dei temi più trattati tra i giovani è
    quello ambientale. La Cop 26 sul clima dello scorso anno è stata tra le più
    seguite mediaticamente anche per questo motivo, per l’urgenza trasmessa dai
    noi giovani. L’inserimento in Costituzione del principio intergenerazionale
    rappresenta una svolta epocale, questa è la giusta direzione da
    intraprendere”.
    La coordinatrice onoraria del Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 5, Rosanna
    Oliva de Conciliis, è intervenuta su denatalità e gender gap, affermando che
    “il fenomeno delle riduzioni delle nascite in Italia è terribile, ma voglio ricordare
    che più donne lavorano e più si combatte questo problema. Purtroppo i dati
    nazionali e globali non sono confortanti, gli ultimi calcoli parlano addirittura di
    secoli per raggiungere la parità di genere. Per l’Onu al ritmo attuale
    servirebbero quasi 300 anni”. Ha poi denunciato la scarsa presenza
    femminile nella prossima legislatura: “Se guardiamo alla presenza
    femminile nelle istituzioni, in Italia assistiamo al primo declino in 20 anni. Si è
    passati da una presenza femminile in Parlamento pari al 42% (dato del 2018)
    al 31%. Occorre modificare il sistema di individuazione delle candidature, che
    deve essere trasparente. Tra i meccanismi che hanno contribuito
    all’abbassamento della quota di donne in Parlamento, c’è stato lo
    stratagemma delle pluricandidature”.
    L’intervento successivo di Andrea Cincinnati Cini, head of Esg solutions
    Cerved rating agency, è stato l’occasione per presentare uno studio sulla
    presenza femminile nel mondo delle imprese: “In termini di presenza di
    gender equality non ci sono grosse differenze nel numero di donne nelle
    aziende, la difficoltà sta invece nel far carriera. Nel campione che abbiamo
    analizzato abbiamo notato che le imprese stanno promuovendo meccanismi
    interni per garantire lo stesso percorso di carriera. Importantissima è la norma
    sulla certificazione di genere, che sta già dando buoni effetti, come i
    finanziamenti Esg sustainability linked che collegano il costo di questo
    finanziamento a obiettivi misurabili. Quando tra questi obiettivi viene inserita la
    parità di genere ci sono risultati migliori”.
    Miglioramenti confermati anche dalle parole di Elisabetta Todeschini,
    comitato esecutivo Federmanager Minerva: “Mentre fino a oggi il numero
    delle donne manager in azienda era solo il 18%, grazie alla sostenibilità ci
    sono già risultati in via di miglioramento. In molte aziende illuminate hanno
    aggiunto al business anche l’importanza della persona e del territorio.
    Questo approccio sta cambiando il ruolo della donna nelle imprese. Il
    consiglio che posso dare alle ragazze è quello di investire in formazione in
    tutte le materie che ci consentono di aumentare le competenze. Grazie a
    queste, e all’abilità di fare rete, le cose miglioreranno ancora”.
    Successivamente è stata affrontata la questione degli stereotipi di genere.
    “L’Unione europea sta investendo molte risorse sul Goal 5 dell’Agenda 2030”,
    ha ricordato Lucia Martinelli, ricercatrice senior Muse e presidente della
    European platform of women scientists – Epws, “Credo che un primo obiettivo
    deve essere cercare di rafforzare le donne nelle proprie convinzioni, per
    esempio è falso che ‘la scienza non è per ragazze’. Dobbiamo sfatare tutta
    una serie di stereotipi”.
    Daniela Ducato, presidente Fondazione Territorio Italia, ha portato
    l’esperienza della sua associazione al tavolo di dibattito: “In tutti questi anni mi
    sono resa conto che l’innovazione ha un po’ gli stessi spazi, come la
    formazione che ci viene data e i luoghi dove ci si riunisce. Con la nostra
    Fondazione abbiamo voluto cambiare punto di vista costruendo sinergie con
    realtà femminili, anche con quelle più complesse e ai margini. Per esempio,
    con ‘made in carcere’ abbiamo realizzato un progetto sull’innovazione
    sartoriale. Quest’anno ci siamo spinti a fare una formazione sugli scarti.
    Abbiamo capito come recuperare il filamento della cozza, che può essere
    riconvertito in un filo prezioso per le aziende dell’alta moda. Riabilitare e
    restituire valore a uno scarto è anche un modo per riabilitare noi stesse.
    Un approccio che porta, quindi, anche lavori verdi”.
    Alessandra Ravaioli, presidente dell’Associazione nazionale donne
    dell’ortofrutta, ha poi spiegato in che modo si sta cercando di dare una voce
    a tutte le donne impiegate nel settore agricolo. “È molto importante fare
    rete, bisogna unirsi per rappresentare qualcosa. Nel momento in cui è nata la
    nostra associazione è cambiato qualcosa nell’ortofrutta: c’era finalmente una
    organizzazione con cui confrontarsi in un settore parecchio maschile. Certo, le
    cose non sono parecchio cambiate fino ad ora, ma stiamo facendo sentire la
    nostra voce. Chi lavora alla terra ha già una propensione a guardare al futuro,
    e per questo motivo non può fare a meno della sostenibilità”.
    Sul finire Veronica Rossi, senior sustainability manager del gruppo Lavazza,
    si è soffermata sul rapporto tra mondo del caffè e lavoratrici: “Gli ultimi dati
    mondiali sul caffè ci dicono che il 70% dei lavori nei campi di selezione del
    caffè è fatto dalle donne, che però possiedono solo il 20% dei terreni. In Italia
    la tazzina di caffè viene servita per il 70% da donne, ma solo il 30% delle
    ho.re.ca (si intende il mondo legato a consumi e somministrazione di cibi e
    bevande che non avvengano tra le mura domestiche) è gestito da donne. I
    pilastri dei progetti Lavazza sono: l’organizzazione dei produttori,
    l’empowerment femminile, la transizione ecologica e la formazione”.
    L’ultima testimonianza di giornata è stata quella di Liliana Ocmin,
    coordinatrice Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 5, che ha ricordato l’importanza
    delle parole “partecipazione, responsabilità, consapevolezza” nel
    processo di transizione, tirando poi le somme sull’evento: “Con questa
    iniziativa, oltre che mettere i riflettori sui problemi, abbiamo voluto far capire
    che dobbiamo essere coinvolte in quel processo di transizione ecologica di cui
    ha bisogno il Paese. Le donne e i giovani sono la risposta a una resilienza
    costruttiva capace di poter affrontare le grandi sfide che siamo tutti e tutte
    costretti ad affrontare. Oggi, figurativamente, abbiamo voluto rappresentare
    questa grande alleanza”.
    L’evento si è concluso con il taglio di una ciocca di capelli di Liliana Ocmin a
    opera di Federico Briganacca. Un gesto per la libertà e per le donne
    iraniane.

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