Delocalizzazione, nuovi obblighi per i datori
di lavoro nella Legge di Bilancio 2022
di Sacha Malgeri –
Delocalizzazione: nuovi obblighi per i datori di lavoro con almeno 250
lavoratori in caso di chiusura dell’azienda con il licenziamento di almeno 50
persone. I datori dovranno comunicare la volontà di iniziare la procedura di
chiusura entro 90 giorni, e dovranno presentare un piano per limitare le
ricadute occupazionali. I dettagli nell’emendamento alla Legge di Bilancio 2022
presentata dal Governo.
Delocalizzazione: un emendamento alla Legge di Bilancio 2022 presentato lo
scorso 18 dicembre in Commissione Bilancio del Senato mira a introdurre
delle nuove norme restrittive verso i datori di lavoro che vogliono chiudere
un’attività, o parte di essa.
In base alle novità in arrivo, i datori di lavoro di aziende che, nell’anno
precedente, hanno occupato almeno 250 dipendenti e che intendano chiudere
uno stabilimento che comporti il licenziamento di non meno di 50 persone,
saranno tenuti a comunicare per iscritto la volontà di cessare l’attività.
La notifica dovrà essere inoltrata entro 90 giorni dall’inizio della procedura di
chiusura, e dovrà essere inviata ai sindacati competenti, al Ministero del
lavoro, al Ministero per lo Sviluppo Economico (MISE) e all’Agenzia Nazionale
per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL).
Inoltre, l’emendamento prevede che il datore di lavoro debba elaborare un
piano aziendale per limitare le ricadute occupazionali ed economiche della
delocalizzione, da presentare entro 60 giorni dalla comunicazione. Servirà
l’approvazione definitiva della Legge di Bilancio da parte delle due Camere
per avere il via libera definitivo alle nuove regole.
Delocalizzazione, nuovi obblighi per i datori di lavoro nella
Legge di Bilancio 2022
L’emendamento alla Legge di Bilancio 2022 presentato il 18 dicembre 2021
vuole introdurre l’obbligo per i datori di lavoro che abbiano occupato almeno
250 dipendenti nell’anno precedente di comunicare la volontà di cessare le
attività.
L’obiettivo della legge è quello di “garantire la salvaguardia del tessuto
occupazionale e produttivo”, aggiungendo degli obblighi a carico dei datori di
lavoro che intendono chiudere definitivamente “una sede, stabilimento, filiale,
ufficio o reparto autonomo situato nel territorio nazionale”. L’obbligo scatta
quando la cessazione delle attività comporta il licenziamento di un numero di
dipendenti non inferiore a 50.
L’obbligo si applicherebbe a tutti i datori di lavoro che “abbiano occupato con
contratto di lavoro subordinato, inclusi gli apprendisti e i dirigenti, mediamente
almeno 250 dipendenti”, possiamo leggere nel testo che modifica il DDL
Bilancio.
La comunicazione dovrà essere effettuata almeno 90 giorni prima dell’inizio
della procedura di chiusura. La notifica deve contenere:
● le ragioni economiche, finanziarie, tecniche o organizzative della
chiusura;
● il numero del personale interessato, insieme ai profili professionali dei
lavoratori;
● la data in cui si prevede di terminare l’attività dell’azienda.
Senza una comunicazione preventiva, i licenziamenti individuali per
giustificato motivo oggettivo ed i licenziamenti collettivi vengono considerati
nulli.
Delocalizzazione: il piano sulle ricadute occupazionali ed
economiche
In caso di approvazione definitiva dell’emendamento alla Legge di Bilancio, le
aziende che vogliono delocalizzare devono presentare entro 60 giorni dalla
comunicazione della chiusura un piano “per limitare le ricadute occupazionali
ed economiche derivanti dalla chiusura”.
Il piano non può avere una durata superiore ai 12 mesi. Anche questo
documento deve essere presentato ai sindacati, al Ministero del Lavoro, al
MISE e all’ANPAL.
Sono diverse le informazioni da inserire obbligatoriamente nel piano:
● le azioni programmate per “la salvaguardia dei livelli occupazionali e gli
interventi per la gestione non traumatica dei possibili esuberi”, come per
esempio il ricollocamento di un lavoratore ad un altro datore di lavoro, o
il ricorso agli ammortizzatori sociali;
● le azioni di rioccupazione o autoimpiego, come i corsi di formazione o
riqualificazione professionale;
● le prospettive di cessione dell’attività, o di un ramo dell’attività, con
finalità di continuazione dell’attività. Si prevede anche la possibilità di
continuazione “mediante la cessione dell’azienda, o di suoi rami, ai
lavoratori o a cooperative da essi costituite”;
● eventuali progetti di riconversione della sede in questione;
● le tempistiche previste e le modalità d’attuazione del piano.
Il piano dovrà essere discusso con i sindacati, il Ministero del Lavoro, il MISE,
l’ANPAL e la Regione di riferimento entro 30 giorni dalla sua presentazione. Il
documento può essere sottoscritto solamente dopo un accordo sindacale. Le
Regioni possono decidere di cofinanziare le azioni contenenti nel piano.
Il datore di lavoro non può far partire procedure di licenziamento collettivo né
licenziamenti per giustificato motivo oggettivo prima della sottoscrizione del
piano.
Se viene trovato l’accordo, in caso di inizio di procedura di licenziamento
collettivo non si applica quanto previsto dall’art. 2, comma 35, della legge n.
92/2012, per cui, nei casi di licenziamenti collettivi, in caso di mancato
accordo sindacali il datore di lavoro è costretto a pagare una “somma pari al
50 per cento del trattamento mensile iniziale di ASpI per ogni dodici mesi di
anzianità aziendale negli ultimi tre anni”.
Infine, il datore di lavoro è tenuto a comunicare mensilmente lo stato di
progresso delle azioni presenti nel piano, “dando evidenza del rispetto dei
tempi e delle modalità di attuazione, nonché dei risultati delle azioni
intraprese”.
Delocalizzazione: cosa prevede l’emendamento alla legge di
bilancio per i lavoratori
Per quanto riguarda i lavoratori dell’azienda che verrà chiusa, questi potranno
usufruire del trattamento straordinario straordinario di integrazione salariale,
previsto nell’ordinamento italiano dall’art. 22-ter del decreto legislativo n.
148/2015.
Il comma 6 dell’emendamento alla legge di bilancio 2022 prevede dei limite di
spesa annuali per il trattamento straordinario:
Anno Limite di spesa
2022 35,1 milioni
2023 71,5 milioni
2024 72,5 milioni
2025 73,6 milioni
2026 74,7 milioni
2027 75,7 milioni
2028 76,9 milioni
2029 78 milioni
2030 79,1 milioni
2031 80,3 milioni
È l’INPS l’ente scelto per il monitoraggio dei tetti di spesa appena elencati. Nel
caso in cui dal monitoraggio “emerga che è stato raggiunto anche in via
prospettica il limite di spesa, l’INPS non prende in considerazione ulteriori
domande”.
I lavoratori dell’azienda che sta cessando le attività accedono al programma
Garanzia di occupabilità dei lavoratori (GOL). Si tratta di un programma da
4,4 miliardi (880 milioni per il 2021) per le Regioni italiane volto ad attuare una
riforma delle politiche attive del lavoro, attraverso progetti di reinserimento e
formazione nel mondo del lavoro.
I nominativi dei lavoratori che verranno iscritti al programma GOL dovranno
essere comunicati dall’ANPAL, che metterà a disposizione i dati alle Regioni
coinvolte.
Delocalizzazione: le sanzioni per i datori di lavoro ed i
benefici
Le nuove norme sulla delocalizzazione inserite nella legge di bilancio 2022
prevedono delle sanzioni per i datori di lavoro che non rispettano i nuovi
obblighi.
In caso di mancata presentazione del piano di limitazione delle ricadute
occupazionali, o di presentazione di un piano senza le azioni elencate al
comma 5, il datore di lavoro soggetto all’obbligo dovrà pagare il contributo di
licenziamento “in misura pari al doppio”.
La sanzione raddoppiata scatta anche nei casi in cui “sia inadempiente
rispetto agli impegni assunti, ai tempi e alle modalità di attuazione del piano,
di cui sia esclusivamente responsabile”.
In caso il datore di lavoro attivi procedure di licenziamento collettivo, “non
trova applicazione la previsione di cui all’articolo 2, comma 35, della legge 28
giugno 2012, n. 92”, per cui il contributo di licenziamento “è moltiplicato per tre
volte”.
Il monitoraggio sulla presenza nel piano delle azioni necessarie è stato
affidato alla struttura per la crisi d’impresa. Istituita con l’art. 1, comma 852
della legge n. 296 del 2006, si tratta di una struttura volta alla cooperazione
organica tra il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero del Lavoro e
delle politiche sociali per risolvere le crisi aziendali.
Nei casi in cui il datore di lavoro avvii la procedura di licenziamento collettivo
ma non porti a termine la sottoscrizione dell’accordo sindacale dopo i 90 giorni
dalla comunicazione di fine attività, la legge prevede che non trovino
applicazione le modalità di presentazione della procedura di mobilità prevista
dall’art. 4, commi 5 e 6, della legge n. 223 del 1991. Il datore sarà tenuto a
pagare il contributo di licenziamento moltiplicato di 1,5 volte.
Oltre alle sanzioni, l’emendamento vuole introdurre alcuni benefici legati al
mantenimento della continuità aziendale. Per esempio, è stato introdotto un
incentivo per l’acquisto di immobili da imprese in difficoltà economica. Infatti,
nei casi di cessione dell’attività, o di un suo ramo, con continuazione
dell’attività e conservazione degli assetti occupazionali:
“al trasferimento di beni immobili strumentali che per le loro caratteristiche non
sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni si
applicano l’imposta di registro e le imposte ipotecaria e catastale nella misura
fissa di euro 200 ciascuna.”
Infine, quando ci troviamo di fronte a cessazione dell’attività o di trasferimento
degli immobili acquistati con i benefici prima del decorso del termine di 5 anni
dall’acquisto, le imposte di registro, ipotecaria e catastale vanno pagate solo
nella misura ordinaria.
Per la conferma di tutte le novità che riguardano la delocalizzazione, così
come per tutte le misure inserite nella Legge di Bilancio 2022, è necessario in
ogni caso attendere l’approvazione definitiva del testo
FONTE – INFORMAZIONE FISCALE