Ammortizzatori sociali: come cambiano
di Francesco Rotondi – LabLaw Rotondi & Partner in collaborazione con
KPMG, Tax&Legal
Il tema della riforma degli ammortizzatori sociali è centrale sia nell’ambito del
contesto economico in fase di rilancio sia per la fase esecutiva del PNRR e
della conseguente road-map delle riforme. Ed è strettamente legato per un
verso all’ampliamento dei soggetti tutelati e per altro verso alla riforma delle
politiche attive: questa visione che lega gli strumenti di sostegno al reddito alle
politiche attive, per limitare gli effetti di potenziali crisi occupazionali, è
evidente nelle disposizioni della legge di Bilancio 2022 in materia di
trattamento d’integrazione salariale.
Il tema della riforma degli ammortizzatori sociali è centrale sia nell’ambito del
contesto economico in fase di rilancio sia per la fase esecutiva del PNRR e
della conseguente road-map delle riforme. L’impianto normativo pre-crisi,
infatti, ha dimostrato di non essere capace di tutelare tutte le categorie di
lavoratori e di erogare prestazioni economiche ai singoli tali da rappresentare
un decisivo sostegno.
Per meglio comprendere la collocazione della riforma nell’ambito del più
complesso programma del PNRR, la riforma degli ammortizzatori non è
disciplinata fra i progetti direttamente imputabili al Piano ma ad essa si
richiama negli obbiettivi generali come “di accompagnamento alla
realizzazione del Piano”. L’esigenza di un intervento riformatore è stata
ritenuta necessaria anche nelle Country specific recommendation dell’Enione
Europea.
L’idea di fondo è quella di implementare strumenti di sostegno al reddito che
consentano al lavoratore di affrontare con maggiore serenità le fasi di
transizione tipiche dell’attuale mercato.
La tendenza – confermata nel testo della riforma – è quindi quella
dell’introduzione di strumenti di sostegno al reddito tendenti ad un c.d.
universalismo differenziato.
Il PNRR afferma testualmente: “l’obiettivo è mettere a sistema l’ampliamento
del campo di applicazione delle prestazioni assicurative in costanza di
rapporto, garantendo a tutti i lavoratori specifici trattamenti ordinari e
straordinari di integrazione salariale, differenziando durata ed estensione delle
misure di sostegno al reddito sulla base delle soglie dimensionali dell’impresa
e tenendo conto delle caratteristiche settoriali, con un rafforzamento della rete
di sicurezza contro la disoccupazione e l’inoccupazione implementando le
protezioni dei lavoratori discontinui e precari”.
Il testo del Piano lega, poi, la riforma degli strumenti di sostegno al reddito alla
riforma delle politiche attive prevedendone un loro deciso rafforzamento.
In attuazione delle indicazioni del piano, la legge di Bilancio 2022 (legge n.
234/2021) interviene con riferimento agli ammortizzatori sociali sull’impianto
normativo del D.Lgs. n. 148/2015 modificando nel solco delle indicazioni
provenienti da PNRR.
I punti salienti della riforma del D.Lgs. n. 148/2015
Norme generali
Nel merito, dal punto di vista generale vi è un’estensione della platea dei
potenziali beneficiari del trattamento d’integrazione salariale includendo tutti i
lavoratori, anche quelli a domicilio, e tutte le forme di apprendistato, quindi,
non limitandosi solo a quello professionalizzante. La norma, peraltro, specifica
che, per le forme di apprendistato differenti da quella professionalizzante, la
sospensione dell’attività non deve comportare conseguenze sul
completamento del ciclo formativo. Ancora, ai fini della CIGS dal 1° gennaio
2022 viene meno il limite all’ambito di applicazione agli apprendisti della sola
causale “crisi aziendale”.
Ancora, dal 1° gennaio 2022 muta anche il termine di anzianità aziendale per
accedere al trattamento che passa da 90 a 30 giorni di effettivo lavoro alla
data di presentazione della domanda.
La legge di Bilancio 2022 interviene anche sul computo dei dipendenti ai fini
dell’applicazione del D.Lgs. n. 148/2015 introducendo l’art. 2-bis che recita
testualmente: “Agli effetti di cui al presente decreto, ai fini della
determinazione dei limiti dei dipendenti, sono da comprendersi nel calcolo tutti
i lavoratori, inclusi i dirigenti, i lavoratori a domicilio e gli apprendisti, che
prestano la propria opera con vincolo di subordinazione sia all’interno che
all’esterno dell’azienda”.
Sempre nell’ambito delle disposizioni generali si registra anche la riforma
dell’art. 8, D.Lgs. n. 148/2015 che muta anche la propria rubrica in
“compatibilità con lo svolgimento di attività lavorativa”. In particolare, la norma
prevede che la prestazione sia sospesa per tutta la durata del contratto
laddove il lavoratore sia impiegato con contratto a tempo determinato della
durata inferiore a 6 mesi. In caso di lavoro subordinato superiore a 6 mesi o
autonomo il lavoratore non ha diritto al trattamento per le giornate di lavoro
effettivamente svolte.
È stato previsto un unico massimale per tutti i trattamenti di integrazione
salariale, infatti, dal 1° gennaio 2022 saranno pari all’80% della retribuzione
imponibile comprensiva di mensilità aggiuntive con un massimale pari a
1.199,72 euro per il 2021.
CIGS
Anche con riferimento alla CGIS si registra l’estensione dell’ambito di
applicazione, infatti, la disciplina e gli obblighi di questa dal 1° gennaio 2022
troveranno applicazione alle aziende che occupino mediamente più di 15
dipendenti nel semestre precedente e che non siano coperte dai fondi
bilaterali. Sempre nell’ambito della stessa norma viene superata, per le
sospensioni dal 1° gennaio 2022, la definizione di influsso gestionale
prevalente di cui al comma 5.
In tema di causali che giustificano il ricorso alla CIGS, di cui all’art. 21, D.Lgs.
n. 148/2015, vengono introdotti i c.d. “processi di transizione individuati e
regolati con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, sentito il
Ministero dello Sviluppo Economico, da adottare entro sessanta giorni
dall’entrata in vigore del presente decreto”. Sempre nell’ambito delle
modifiche alla disciplina della CIGS è stato previsto un ulteriore periodo di
concessione del trattamento ai sensi del comma 1 dell’art. 22-ter che prevede:
“1. Al fine di sostenere le transizioni occupazionali all’esito dell’intervento
straordinario di integrazione salariale per le causali di cui all’articolo 21,
comma 1, lettere a) e b), ai datori di lavoro che occupano più di quindici
dipendenti può essere concesso, in deroga agli articoli 4 e 22, un ulteriore
intervento di integrazione salariale straordinaria finalizzato al recupero
occupazionale dei lavoratori a rischio esubero, pari a un massimo di dodici
mesi complessivi non ulteriormente prorogabili”.
Ai fini dell’ottenimento di tale ulteriore trattamento, si statuisce che debbano
essere raggiunti accordi sindacali che prevedano “azioni finalizzate alla
rioccupazione o all’autoimpiego, quali formazione e riqualificazione
professionale anche ricorrendo ai fondi interprofessionali. La mancata
partecipazione alle predette azioni, per esclusiva responsabilità del lavoratore,
comporta la decadenza dalla prestazione di integrazione salariale”.
E ancora, si prevede che i lavoratori interessati da questa misura accedono al
programma GOL. Appare, quindi, evidente la visione dell’ammortizzatore che
si lega alle politiche attive per limitare gli effetti di potenziali crisi
occupazionali.
Sempre nel solco dell’osmosi fra ammortizzatore e politiche attive va
certamente letta l’introduzione dell’art. 25-ter del D.Lgs. n. 148/2015 che
prevede al primo comma che: “I lavoratori beneficiari di integrazioni salariali di
cui al presente Capo, allo scopo di mantenere o sviluppare le competenze in
vista della conclusione della procedura di sospensione o riduzione dell’attività
lavorativa ed in connessione con la domanda di lavoro espressa dal territorio,
partecipano a iniziative di carattere formativo o di riqualificazione, anche
mediante fondi interprofessionali”. La stessa norma specifica che la mancata
partecipazione del lavoratore per propria responsabilità alle iniziative
formative e di riqualificazione comporterà sanzioni la cui quantificazione va
dalla sospensione per una mensilità del trattamento fino alla decadenza dal
trattamento.
Da ultimo la riforma interviene anche sulla causale del contratto di solidarietà
in cui vengono modificate le aliquote massime di riduzione, infatti la riduzione
massima nel periodo di riferimento (giorno, settimana, mese) non potrà
eccedere l’80% in luogo dell’attuale 60% e comunque la riduzione non potrà
eccedere il 90% dell’orario nel periodo di validità del contratto di solidarietà.
Fondi Bilaterali e FIS
Viene inoltre prevista l’estensione dell’ambito di applicazione dei fondi
bilaterali ai soggetti che occupano anche un solo dipendente concedendo
termine ai fondi già esistenti per il loro adeguamento fino al 31 dicembre 2022.
Le organizzazioni dei datori e dei datori comparativamente più rappresentative
dovranno stipulare accordi per l’istituzione di fondi per i datori di lavoro che
non rientrano nella CIGO.
Peraltro, ai fini dell’effettività della contribuzione ai fondi è previsto che il
regolare pagamento costituisca requisito per l’emissione del DURC.
Viene estesa nei medesimi termini anche la disciplina del FIS che diventa
fattispecie residuale per tutti i datori di lavoro non coperti dalla CIGO o dai
fondi bilaterali.
FONTE – IPSOA