La strategia industriale europea per disegnare il futuro dell’industria dopo la pandemia….

di Michelle Crisantemi

La strategia industriale europea per disegnare
il futuro dell’industria dopo la pandemia


di Michelle Crisantemi

Rafforzare il mercato unico, l’indipendenza dell’Ue su settori strategici e
accelerare la duplice transizione (digitale e green): questi sono i focus della
strategia industriale europea. Una strategia che, pochi mesi dopo la sua
presentazione, la Commissione ha dovuto rivedere, alla luce delle sfide e
delle vulnerabilità emerse con la pandemia.
Infatti, il documento originale – che delineava la roadmap per un’industria
europea più digitale e sostenibile – è stato presentato il 10 marzo 2020, il
giorno prima che l’Organizzazione Mondiale della Sanità classificasse
l’outbrake di Covid-19 come pandemia globale.
Nei mesi successivi, la pandemia ha evidenziato gli elementi di forza, ma
anche le vulnerabilità, dell’industria europea. La crisi ha rivelato
l’interdipendenza delle catene di fornitura globali e il valore di un mercato
unico globalmente integrato.
Ha anche illustrato la necessità di una maggiore velocità nella transizione
verso un modello economico e industriale più pulito, più digitale e più
resiliente, al fine di mantenere e rafforzare la spinta dell’Europa verso una
competitività sostenibile.
Strategia industriale europea, così la pandemia ha rimodellato i
focus
Il documento originale (di cui abbiamo parlato in dettaglio in questo articolo),
descriveva una strategia basata su tre pilastri: gli interventi necessari a
promuovere la competitività del mercato unico europeo – porre le condizioni
per far crescere le aziende, aumentare dimensione, impatto e integrazione del
mercato unico e rafforzare gli scambi commerciali dell’Ue con i mercati globali
–, rispettare gli obiettivi stabiliti dal New Green Deal e la strategia per
un’Europa digitale, con investimenti in tecnologie strategiche, quali
Intelligenza Artificiale (AI), 5G, data e metadata analytics.
La valutazione dell’impatto della pandemia sull’economia europea ha reso
evidente la necessità di aggiornare la strategia, per adattarla a una realtà
decisamente diversa da quella che era l’economia europea pre-pandemia: il
2020 ha infatti fatto registrare una contrazione del Pil europeo del 6,3%,
accompagnato da significanti perdite di fatturato e di posti di lavoro.
Nonostante il rimbalzo di quest’anno, che la Commissione prevede continuerà
anche nel 2022, la riduzione dei piani di investimento privati a breve
termine – secondo le stime della Commissione, nel 2021 il 45% delle aziende
europee ha ridotto gli investimenti – e il numero crescente di imprese
consolidate che si trovano di fronte a significativi problemi di liquidità indicano
che la ripresa richiederà tempo e un sostegno continuo.
Tra i focus della strategia industriale europea, ampio spazio è dato al
rafforzamento del mercato unico europeo. Un mercato che, come hanno
dimostrato i periodi di lockdown che hanno interessato molti Paesi europei, è
ormai integrato e interdipendente. E se questa integrazione è stata sempre
considerata un elemento di forza del mercato unico – con la possibilità di
libero movimento di persone, merci e servizi –, la pandemia ne ha anche
dimostrato i limiti.
La sospensione della libertà di movimento, sottolinea la Commissione, ha
minato la solidarietà europea e ostacolato, almeno nelle prime fasi della
pandemia, una risposta coordinata alla crisi. Le forniture sono rimaste
bloccate alle frontiere (nel secondo e nel terzo trimestre del 2020 si è
registrata una flessione del 24% negli scambi intra-Ue), i prezzi del trasporto
aereo sono saliti alle stelle (perché gli aerei sono rimasti a terra) e gli
squilibri nei flussi commerciali hanno portato a una carenza di container
marittimi.
Per questo, la Commissione ha proposto la creazione di uno strumento di
emergenza per il mercato unico, in grado di fornire una soluzione strutturale
per garantire la disponibilità e la libera circolazione di persone, beni e servizi
anche in caso di eventuali crisi future
Inoltre, all’interno del report annuale sul mercato unico, la Commissione ha
individuato 14 ecosistemi industriali che verranno monitorati per meglio
analizzare i bisogni e le problematiche delle aziende europee: edilizia;
industrie digitali; sanità, agroalimentare; energie rinnovabili; industrie ad alta
intensità energetica: trasporti e industria automobilistica; elettronica; tessile;
aerospaziale e difesa; cultura e industrie culturali e creative; turismo;
prossimità ed economia sociale e commercio al dettaglio.
Dall’analisi è emerso come la pandemia non abbia colpito tutti i settori (e i
cittadini) in egual misura: mentre il turismo è stato colpito più duramente e il
tessile, la mobilità e le imprese culturali e creative affrontano una ripresa più
lenta e irregolare, l’ecosistema digitale ha aumentato il suo fatturato durante la
crisi.
Valutazioni che hanno spinto la Commissione ad aggiornare la strategia
industriale europea ad appena un anno dalla sua pubblicazione, precisando
però che il documento “non sostituisce né completa quello scritto un anno
prima, perché la strategia industriale europea deve considerarsi ancora un
‘work in progress’”.
Un’altra lezione che può essere appresa dalla pandemia riguarda
l’approvvigionamento di prodotti strategici per l’Unione. L’interruzione di
catene di fornitura globali ha infatti impattato significativamente sulla fornitura
di specifici prodotti e input essenziali per l’economia e la società dall’Unione,
come nel caso delle forniture mediche.
Ed è proprio per questo che la nuova strategia si basa su una migliore
comprensione delle dipendenze strategiche attuali e future dell’Europa.
Un’analisi che, sottolinea la Commissione, “fornirà la base per lo sviluppo di
misure politiche basate sui fatti, proporzionate e mirate per affrontare le
dipendenze strategiche, salvaguardando l’economia aperta, competitiva e
basata sul commercio dell’Ue”.
L’Europa che si intende costruire con la strategia industriale aggiornata è,
quindi, un’Europa che “continuerà a mostrare la sua preferenza per la
cooperazione e il dialogo internazionale, ma anche la sua prontezza nel
combattere le pratiche sleali e le sovvenzioni straniere che minano la parità
di condizioni nel mercato unico”.
Ma la pandemia ha anche dimostrato i vantaggi che le aziende possono trarre
intraprendendo le strade verso una trasformazione digitale e verde del
proprio business. Non solo, la rottura di molte vecchie abitudini, metterà
molte aziende nella condizione di accelerare queste trasformazioni.
L’aggiornamento della strategia prende dunque in considerazione gli elementi
di cui le aziende hanno e avranno bisogno per intraprendere questo percorso
accelerato, come l’accesso all’energia pulita (a prezzi giusti) e una forza
lavoro in possesso delle giuste competenze.
Le dipendenze strategiche dell’Unione europea
La scarsità di dispositivi di protezione personale durante le prime fasi della
pandemia e tutti i problemi legati all’approvvigionamento di materie prime
necessarie alle industrie europee hanno acceso i riflettori sulla necessità di
raggiungere un’autonomia in settori strategici all’economia e alla società
dell’Unione.
Al fine di avere un quadro più chiaro della situazione, la Commissione ha
realizzato una prima analisi dettagliata di quei settori strategici in cui è
troppo dipendente da Paesi terzi.
L’analisi ha portato all’individuazione di 6 settori chiave:
● le materie prime strategiche all’Unione, il cui consumo si stima
crescerà del 40% entro il 2024. Tra queste (circa 30 quelle individuate)
troviamo terre rare, gallio e indio, silicone e metalli del gruppo del
platino. In questi, l’Ue è molto lontana a raggiungere l’indipendenza. Il
98% delle scorte di terre rare utilizzate dall’Ue, infatti, proviene dalla
Cina, il 98% del boro dalla Turchia e il 71% dei metalli del gruppo del
platino dal Sud Africa. Inoltre, le restrizioni all’export di questi prodotti
stanno progressivamente aumentando, quindi l’approvvigionamento
diventa sempre più problematico
● principi attivi farmaceutici (API), che sono prevalentemente prodotti
in Cina e in India
● batterie al litio, il cui fabbisogno si stima incrementerà notevolmente
nei prossimi anni all’interno dell’Unione (anche in virtù dei piani europei
per costruire diverse gigafactory sul territorio dell’Unione), con una
crescente necessità sia di materie prime per la produzione (litio e
cobalto), sia di materiali processati e componenti. In questo settore,
tuttavia, si vede ancora una predominanza dei Paesi Asiatici, con 7
grandi aziende asiatiche che, al 2020, possedevano circa il 75% della
capacità produttiva totale
● idrogeno, cruciale per l’attuazione della strategia di decarbonizzazione
dell’Unione. In questo ambito, l’Ue dovrà concentrarsi sia nel trovare
fonti affidabili di idrogeno pulito, che nella riduzione della dipendenza da
altri Paesi per quanto riguarda le materie prime necessarie alla
produzione, quali elettrolizzatori e celle a combustione
● semiconduttori, dove l’Europa dipende prevalentemente da Stati Uniti
per strumenti di progettazione e dall’Asia per la fabbricazione. Queste
componenti, essenziali degli smart device che utilizziamo ogni giorno,
diventano sempre più difficili e costosi da produrre, mentre aumenta il
loro peso nelle relazioni geopolitiche tra Paesi
● cloud ed edge computing, la cui adozione è stata accelerata dalla
pandemia, ma dove l’Ue si trova in una posizione di inferiorità rispetto
ad altri Paesi. Inoltre, man mano che l’adozione aumenterà, come
suggeriscono le previsioni, la dipendenza da Paesi terzi pone importanti
questioni relative alla sicurezza dei dati dei cittadini europei
Dipendenze che l’Ue conta di affrontare attraverso partenariati internazionali
diversificati, per garantire che il commercio e gli investimenti continuino a
svolgere un ruolo chiave nello sviluppo della nostra resilienza economica. A
questi si uniranno alleanze industriali, che forniscono una piattaforma ampia
e aperta in linea di principio e che presteranno particolare attenzione
all’inclusività per le start-up e le PMI.
La Commissione sta preparando il lancio dell’alleanza per le tecnologie per i
processori e semiconduttori e dell’alleanza per i dati industriali, l’edge e il
cloud, e sta valutando la preparazione di un’alleanza per i vettori spaziali e di
un’alleanza per un’aviazione a emissioni zero.
Oltre a questo, si pianifica di intensificare lo sforzo per dirottare i fondi pubblici
sugli Importanti progetti di interesse comune europeo (IPCEI) in aree in
cui il mercato da solo non può fornire innovazioni rivoluzionarie, come nei
settori delle batterie e della microelettronica.
Gli Stati membri e le aziende hanno espresso congiuntamente l’interesse ad
impegnarsi in ulteriori IPCEI, come il cloud di prossima generazione,
l’idrogeno, l’industria a basse emissioni di carbonio, i prodotti farmaceutici e
un secondo IPCEI sui semiconduttori all’avanguardia.
La Commissione esaminerà attentamente questi piani di progetto e, se i criteri
sono soddisfatti, li accompagnerà man mano che raggiungono la maturità. In
casi appropriati, come nel caso delle batterie, le alleanze industriali possono
aiutare a preparare tali IPCEI.
I Paesi da cui l’Ue dipende maggiormente nei settori strategici
Più attenzione alle PMI
La pandemia ha particolarmente colpito le piccole e medie imprese: il 60%
di esse, a livello europeo, ha infatti riportato un calo di fatturato nel 2020 e un
calo di occupazione dell’1,7% (equivalente a 1.4 milioni di posti di lavoro
persi).
Tenuto conto l’alto potenziale innovativo di queste imprese, la valutazione del
possibile impatto sulle PMI è un focus costante della strategia industriale
europea, a cominciare dalle normative.
Infatti, la Commissione ha deciso di adottare un approccio che definisce
“one-in, one-out”, che consiste nel compensare qualsiasi nuovo onere per i
cittadini e le imprese derivante dalle sue proposte eliminando un equivalente
onere esistente nella stessa area politica. Un approccio che, secondo la
Commissione, andrà a vantaggio soprattutto delle PMI.
Al sostegno delle PMI è dedicata una strategia mirata all’interno del piano di
sviluppo industriale europeo, dove la Commissione ha sottolineato la
necessità di migliorare l’equità nelle relazioni B2B per sostenere le PMI
che, a causa di asimmetrie nel potere contrattuale con le organizzazioni più
grandi, sono soggette a pratiche e condizioni commerciali sleali, sia online che
offline.
E alla luce dell’importanza strategica dell’e-Commerce per il business
sottolineata dalla pandemia, ridurre questi rischi è fondamentale. Anche a
questo si rivolge la legge sui mercati digitali dell’Unione, che propone una
serie di norme comuni sugli obblighi e la responsabilità degli intermediari in
tutto il mercato unico, che aprirà opportunità per tutte le imprese, comprese le
PMI, e garantirà un elevato livello di protezione a tutti gli utenti.
A questo si aggiunge il lavoro dell’Osservatorio Ue sui ritardi di pagamento
nelle transazioni commerciali, fortemente voluto dalla Commissione, visto
che il 40% dei business all’iterno dell’Unione viene pagato in ritardo e che la
pandemia ha fatto ulteriormente slittare i pagamenti (in media di ulteriori 30
giorni).
Trenta giorni che, per una PMI e in questo preciso momento storico, possono
portare al fallimento dell’impresa. Per questo nella strategia industriale la
Commissione ribadisce che presenterà la proposta per la creazione di un
Alternative Dispute Resolution scheme, per risolvere questo tipo di
controversie.
Oltre a questo strumento, nel breve termine la Commissione è pronta a
mobilitare investimenti significativi rivolti proprio alle PMI. Inoltre, la
Commissione prevede che lo sportello a loro dedicato all’interno del piano
InvestEU – la strategia europea volta ad aumentare gli investimenti in Europa,
sostenere la ripresa e preparare l’economia per il futuro – potrebbe innescare
45 miliardi di euro di investimenti nelle PMI entro la fine del 2023.
Ma non basta, perché per cercare di arginare l’aumento dei fallimenti tra le
piccole e medie imprese, la strategia industriale europea prevede ulteriori
azioni, strumenti di tutela e incentivi. Nel documento, infatti, la Commissione si
impegna anche a:
● promuovere lo scambio di buone pratiche a supporto delle imprese
e dei loro investimenti adottate dagli Stati membri
● accelerare il lavoro sul finanziamento azionario per le PMI,
espandendo il sostegno al capitale di scala, agli investimenti strategici e
alle offerte pubbliche iniziali (IPO). Un lavoro che, secondo la
Commissione, attiverà investimenti in tecnologie verdi e digitali in tutte
le fasi della vita di una PMI, dalle start-up alla fase di crescita ed
espansione, fino all’uscita sui mercati pubblici. Un nuovo Fondo IPO
pubblico-privato, inoltre, sosterrà le PMI e le mid-cap lungo (e oltre) il
processo di quotazione
● nuove misure per una tassazione più giusta e sostenibile, che tenga
conto dei bisogni delle PMI. Misure che la Commissione ha delineato
nella “Comunicazione per una tassazione di business per il XXI
secolo“
● revisione delle misure dello State aid Temporary Framework per
valutarne l’efficacia e stabilire gli interventi necessari
Anche all’interno della strategia per accelerare la transizione digitale e
verde (di cui parleremo nel prossimo paragrafo), non manca un focus sulle
PMI. Per aiutarle con gli investimenti necessari a sostenere queste
trasformazioni, infatti, la Commissione prevede la creazione di consulenti per
la sostenibilità, figure che presteranno consulenza dedicata alle PMI e che
saranno pienamente in atto a partire dal 2022.
La strategia industriale europea per accelerare la
trasformazione digitale e green delle imprese
Già nella precedente strategia la Commissione aveva predisposto delle
misure, alcune delle quali già implementate, per sostenere la
trasformazione digitale delle imprese e indirizzarle lungo il cammino per il
raggiungimento di una maggiore sostenibilità.
Con la revisione del documento, la Commissione ha voluto incrementare
questi sforzi, legando a ciascun ecosistema industriale individuato dei
percorsi specifici rivolti alla duplice transizione. Percorsi che devono essere
co-progettati coinvolgendo industrie, autorità pubbliche, parti sociali e altri
stakeholder, per offrire una chiara visione (con un approccio “bottom-up”) della
scala, dei costi, dei benefici a lungo termine e delle azioni necessarie per
accompagnare la doppia transizione per gli ecosistemi più rilevanti.
Un focus particolare verrà riservato all’industria dell’acciaio, con un’analisi
dettagliata su cosa significa la transizione verde e digitale per questo
particolare settore e mettendo il luce il ruolo delle misure politiche dell’Ue a
sostegno della trasformazione di questa industria.
Anche per questo, la Commissione si è assicurata che nei piani di ripresa e
resilienza dei singoli Stati membri, almeno il 37% delle risorse fossero
dedicate a investimenti green e almeno il 20% a quelli nel digitale.
Inoltre, per sostenere gli sforzi a favore della ripresa e sviluppare capacità
verdi e digitali, la Commissione sosterrà gli Stati membri in progetti comuni
volti a massimizzare gli investimenti nell’ambito del dispositivo per la ripresa e
la resilienza
Alcuni Stati membri hanno segnalato la loro intenzione di includere nei loro
piani nazionali progetti multinazionali, pertanto la Commissione sta valutando
le opzioni per un meccanismo efficace per accelerare l’attuazione di tali
progetti, consentendo in particolare una possibile combinazione di
finanziamenti degli Stati membri e dell’Ue.
Altro elemento chiave della strategia saranno le azioni per promuovere gli
accordi di acquisto di energia rinnovabile all’interno della proposta di
Direttiva sull’energia rinnovabile. In questo ambito, la Commissione
collaborerà con gli Stati membri per accelerare gli investimenti nelle energie
rinnovabili e nelle reti elettriche e rimuovere gli ostacoli.
Per mettere insieme finanziamenti pubblici e privati a favore della ricerca e
dell’innovazione nel campo delle tecnologie e dei processi a bassa intensità di
CO2, la Commissione continuerà anche a promuovere dei partenariati
europei all’interno del Programma Horizon.
Questo – insieme a tutti gli strumenti agevolativi, al Consiglio europeo
dell’innovazione e l’Istituto di innovazione e tecnologia – sosterrà l’ecosistema
di innovazione paneuropeo per la transizione verde e digitale.
Gli investimenti e le azioni per migliorare le competenze della
forza lavoro
Per sostenere la duplice transizione ci sarà bisogno delle giuste competenze.
A questo proposito, già nel luglio 2020, la Commissione aveva pubblicato la
sua Agenda per le competenze, che fissava gli obiettivi da raggiungere sul
capitale umano nei prossimi cinque anni e che era già stata integrata alla
versione originale della strategia industriale europea.
Al centro dell’agenda vi sono diverse azioni rivolte al coinvolgimento della
popolazione in età lavorativa nei percorsi di upskilling e reskilling, oltre ad
un focus sulle competenze digitali di base, che la Commissione vuole
estendere a un ulteriore 25% della popolazione entro il 2025. Questo vorrebbe
dire che almeno 230 milioni di persone dovranno possedere, entro il 2025,
competenze digitali di base.
Obiettivi che l’Ue intende raggiungere con una strategia basata su 12 passi
per mobilitare gli investimenti in formazione, monitorare il fabbisogno in settori
strategici e promuovere la collaborazione transnazionale tra gli istituti
universitari e di ricerca degli Stati membri.
Percorsi che non saranno rivolti soltanto ai lavoratori, ma anche ai giovani,
che sono tra le categorie sociali più colpite dagli effetti della pandemia, la
Commissione sta infatti pensando di delineare un quadro di “competenze per
la vita”, ovvero sosterrà l’apprendimento di giovani e adulti di tutte le età su
aspetti quali le competenze civiche e l’alfabetizzazione mediatica, nonché
finanziaria, ambientale e sanitaria.
Inoltre, per promuovere lo sviluppo di competenze chiave, l’agenda prevede
che la Commissione valuterà l’introduzione di diritti alla formazione.
Tra le iniziative più importanti dell’agenda vi è il Patto per le competenze,
che mira a mobilitare tutti i partner per offrire maggiori e migliori opportunità di
formazione e per sbloccare gli investimenti pubblici e privati in tutti gli
ecosistemi industriali e di competenze.
Il Patto sostiene partenariati di competenze su larga scala per ogni
ecosistema, alcuni dei quali hanno già presentato impegni di qualificazione
(industria automobilistica, microelettronica, aerospaziale e della difesa).
Le tavole rotonde sulle competenze, organizzate dalla Commissione con le
parti interessate di ogni ecosistema, copriranno tutti gli ecosistemi entro la
metà del 2021 e contribuiranno alla progettazione e all’attuazione dei percorsi.
Le Giornate europee dell’industria
Il successo della strategia industriale europee si basa anche sulla capacità di
mobilitare interesse di tutti gli stakeholder per delineare, insieme, il futuro
dell’industria europea.
Per questo scopo, ogni anno (dal 2017) vengono organizzate le giornate
europee dell’industria (EU Industry Days), un evento che chiama a raccolta
gli industriali europei per discutere le sfide dell’industria e sviluppare insieme
opportunità e risposte politiche in un dialogo inclusivo con tutte le parti
interessate.
Delle giornate che servono, inoltre, per informare i cittadini sulle politiche
industriali a livello europeo, nazionale e regionale e per assicurare che le
politiche siano in linea con gli obiettivi stabiliti.
Ogni anno queste giornate si incentrano su tematiche diverse. L’edizione del
2022, che si terrà dall’8 all’11 febbraio, stimolerà le discussioni tra gli
ecosistemi industriali sui loro percorsi verdi e digitali, per rafforzare la
resilienza delle aziende e delle PMI europee.
Inoltre, l’evento tenterà di analizzare come la giovane generazione europea
può plasmare il futuro dell’industria dell’Ue, in linea con la proposta della
Commissione di fare del 2022 l’anno europeo della gioventù.

uropea più digitale e sostenibile – è stato presentato il 10 marzo 2020, il
giorno prima che l’Organizzazione Mondiale della Sanità classificasse
l’outbrake di Covid-19 come pandemia globale.
Nei mesi successivi, la pandemia ha evidenziato gli elementi di forza, ma
anche le vulnerabilità, dell’industria europea. La crisi ha rivelato
l’interdipendenza delle catene di fornitura globali e il valore di un mercato
unico globalmente integrato.
Ha anche illustrato la necessità di una maggiore velocità nella transizione
verso un modello economico e industriale più pulito, più digitale e più
resiliente, al fine di mantenere e rafforzare la spinta dell’Europa verso una
competitività sostenibile.
Strategia industriale europea, così la pandemia ha rimodellato i
focus
Il documento originale (di cui abbiamo parlato in dettaglio in questo articolo),
descriveva una strategia basata su tre pilastri: gli interventi necessari a
promuovere la competitività del mercato unico europeo – porre le condizioni
per far crescere le aziende, aumentare dimensione, impatto e integrazione del
mercato unico e rafforzare gli scambi commerciali dell’Ue con i mercati globali
–, rispettare gli obiettivi stabiliti dal New Green Deal e la strategia per
un’Europa digitale, con investimenti in tecnologie strategiche, quali
Intelligenza Artificiale (AI), 5G, data e metadata analytics.
La valutazione dell’impatto della pandemia sull’economia europea ha reso
evidente la necessità di aggiornare la strategia, per adattarla a una realtà
decisamente diversa da quella che era l’economia europea pre-pandemia: il
2020 ha infatti fatto registrare una contrazione del Pil europeo del 6,3%,
accompagnato da significanti perdite di fatturato e di posti di lavoro.
Nonostante il rimbalzo di quest’anno, che la Commissione prevede continuerà
anche nel 2022, la riduzione dei piani di investimento privati a breve
termine – secondo le stime della Commissione, nel 2021 il 45% delle aziende
europee ha ridotto gli investimenti – e il numero crescente di imprese
consolidate che si trovano di fronte a significativi problemi di liquidità indicano
che la ripresa richiederà tempo e un sostegno continuo.
Tra i focus della strategia industriale europea, ampio spazio è dato al
rafforzamento del mercato unico europeo. Un mercato che, come hanno
dimostrato i periodi di lockdown che hanno interessato molti Paesi europei, è
ormai integrato e interdipendente. E se questa integrazione è stata sempre
considerata un elemento di forza del mercato unico – con la possibilità di
libero movimento di persone, merci e servizi –, la pandemia ne ha anche
dimostrato i limiti.
La sospensione della libertà di movimento, sottolinea la Commissione, ha
minato la solidarietà europea e ostacolato, almeno nelle prime fasi della
pandemia, una risposta coordinata alla crisi. Le forniture sono rimaste
bloccate alle frontiere (nel secondo e nel terzo trimestre del 2020 si è
registrata una flessione del 24% negli scambi intra-Ue), i prezzi del trasporto
aereo sono saliti alle stelle (perché gli aerei sono rimasti a terra) e gli
squilibri nei flussi commerciali hanno portato a una carenza di container
marittimi.
Per questo, la Commissione ha proposto la creazione di uno strumento di
emergenza per il mercato unico, in grado di fornire una soluzione strutturale
per garantire la disponibilità e la libera circolazione di persone, beni e servizi
anche in caso di eventuali crisi future
Inoltre, all’interno del report annuale sul mercato unico, la Commissione ha
individuato 14 ecosistemi industriali che verranno monitorati per meglio
analizzare i bisogni e le problematiche delle aziende europee: edilizia;
industrie digitali; sanità, agroalimentare; energie rinnovabili; industrie ad alta
intensità energetica: trasporti e industria automobilistica; elettronica; tessile;
aerospaziale e difesa; cultura e industrie culturali e creative; turismo;
prossimità ed economia sociale e commercio al dettaglio.
Dall’analisi è emerso come la pandemia non abbia colpito tutti i settori (e i
cittadini) in egual misura: mentre il turismo è stato colpito più duramente e il
tessile, la mobilità e le imprese culturali e creative affrontano una ripresa più
lenta e irregolare, l’ecosistema digitale ha aumentato il suo fatturato durante la
crisi.
Valutazioni che hanno spinto la Commissione ad aggiornare la strategia
industriale europea ad appena un anno dalla sua pubblicazione, precisando
però che il documento “non sostituisce né completa quello scritto un anno
prima, perché la strategia industriale europea deve considerarsi ancora un
‘work in progress’”.
Un’altra lezione che può essere appresa dalla pandemia riguarda
l’approvvigionamento di prodotti strategici per l’Unione. L’interruzione di
catene di fornitura globali ha infatti impattato significativamente sulla fornitura
di specifici prodotti e input essenziali per l’economia e la società dall’Unione,
come nel caso delle forniture mediche.
Ed è proprio per questo che la nuova strategia si basa su una migliore
comprensione delle dipendenze strategiche attuali e future dell’Europa.
Un’analisi che, sottolinea la Commissione, “fornirà la base per lo sviluppo di
misure politiche basate sui fatti, proporzionate e mirate per affrontare le
dipendenze strategiche, salvaguardando l’economia aperta, competitiva e
basata sul commercio dell’Ue”.
L’Europa che si intende costruire con la strategia industriale aggiornata è,
quindi, un’Europa che “continuerà a mostrare la sua preferenza per la
cooperazione e il dialogo internazionale, ma anche la sua prontezza nel
combattere le pratiche sleali e le sovvenzioni straniere che minano la parità
di condizioni nel mercato unico”.
Ma la pandemia ha anche dimostrato i vantaggi che le aziende possono trarre
intraprendendo le strade verso una trasformazione digitale e verde del
proprio business. Non solo, la rottura di molte vecchie abitudini, metterà
molte aziende nella condizione di accelerare queste trasformazioni.
L’aggiornamento della strategia prende dunque in considerazione gli elementi
di cui le aziende hanno e avranno bisogno per intraprendere questo percorso
accelerato, come l’accesso all’energia pulita (a prezzi giusti) e una forza
lavoro in possesso delle giuste competenze.
Le dipendenze strategiche dell’Unione europea
La scarsità di dispositivi di protezione personale durante le prime fasi della
pandemia e tutti i problemi legati all’approvvigionamento di materie prime
necessarie alle industrie europee hanno acceso i riflettori sulla necessità di
raggiungere un’autonomia in settori strategici all’economia e alla società
dell’Unione.
Al fine di avere un quadro più chiaro della situazione, la Commissione ha
realizzato una prima analisi dettagliata di quei settori strategici in cui è
troppo dipendente da Paesi terzi.
L’analisi ha portato all’individuazione di 6 settori chiave:
● le materie prime strategiche all’Unione, il cui consumo si stima
crescerà del 40% entro il 2024. Tra queste (circa 30 quelle individuate)
troviamo terre rare, gallio e indio, silicone e metalli del gruppo del
platino. In questi, l’Ue è molto lontana a raggiungere l’indipendenza. Il
98% delle scorte di terre rare utilizzate dall’Ue, infatti, proviene dalla
Cina, il 98% del boro dalla Turchia e il 71% dei metalli del gruppo del
platino dal Sud Africa. Inoltre, le restrizioni all’export di questi prodotti
stanno progressivamente aumentando, quindi l’approvvigionamento
diventa sempre più problematico
● principi attivi farmaceutici (API), che sono prevalentemente prodotti
in Cina e in India
● batterie al litio, il cui fabbisogno si stima incrementerà notevolmente
nei prossimi anni all’interno dell’Unione (anche in virtù dei piani europei
per costruire diverse gigafactory sul territorio dell’Unione), con una
crescente necessità sia di materie prime per la produzione (litio e
cobalto), sia di materiali processati e componenti. In questo settore,
tuttavia, si vede ancora una predominanza dei Paesi Asiatici, con 7
grandi aziende asiatiche che, al 2020, possedevano circa il 75% della
capacità produttiva totale
● idrogeno, cruciale per l’attuazione della strategia di decarbonizzazione
dell’Unione. In questo ambito, l’Ue dovrà concentrarsi sia nel trovare
fonti affidabili di idrogeno pulito, che nella riduzione della dipendenza da
altri Paesi per quanto riguarda le materie prime necessarie alla
produzione, quali elettrolizzatori e celle a combustione
● semiconduttori, dove l’Europa dipende prevalentemente da Stati Uniti
per strumenti di progettazione e dall’Asia per la fabbricazione. Queste
componenti, essenziali degli smart device che utilizziamo ogni giorno,
diventano sempre più difficili e costosi da produrre, mentre aumenta il
loro peso nelle relazioni geopolitiche tra Paesi
● cloud ed edge computing, la cui adozione è stata accelerata dalla
pandemia, ma dove l’Ue si trova in una posizione di inferiorità rispetto
ad altri Paesi. Inoltre, man mano che l’adozione aumenterà, come
suggeriscono le previsioni, la dipendenza da Paesi terzi pone importanti
questioni relative alla sicurezza dei dati dei cittadini europei
Dipendenze che l’Ue conta di affrontare attraverso partenariati internazionali
diversificati, per garantire che il commercio e gli investimenti continuino a
svolgere un ruolo chiave nello sviluppo della nostra resilienza economica. A
questi si uniranno alleanze industriali, che forniscono una piattaforma ampia
e aperta in linea di principio e che presteranno particolare attenzione
all’inclusività per le start-up e le PMI.
La Commissione sta preparando il lancio dell’alleanza per le tecnologie per i
processori e semiconduttori e dell’alleanza per i dati industriali, l’edge e il
cloud, e sta valutando la preparazione di un’alleanza per i vettori spaziali e di
un’alleanza per un’aviazione a emissioni zero.
Oltre a questo, si pianifica di intensificare lo sforzo per dirottare i fondi pubblici
sugli Importanti progetti di interesse comune europeo (IPCEI) in aree in
cui il mercato da solo non può fornire innovazioni rivoluzionarie, come nei
settori delle batterie e della microelettronica.
Gli Stati membri e le aziende hanno espresso congiuntamente l’interesse ad
impegnarsi in ulteriori IPCEI, come il cloud di prossima generazione,
l’idrogeno, l’industria a basse emissioni di carbonio, i prodotti farmaceutici e
un secondo IPCEI sui semiconduttori all’avanguardia.
La Commissione esaminerà attentamente questi piani di progetto e, se i criteri
sono soddisfatti, li accompagnerà man mano che raggiungono la maturità. In
casi appropriati, come nel caso delle batterie, le alleanze industriali possono
aiutare a preparare tali IPCEI.
I Paesi da cui l’Ue dipende maggiormente nei settori strategici
Più attenzione alle PMI
La pandemia ha particolarmente colpito le piccole e medie imprese: il 60%
di esse, a livello europeo, ha infatti riportato un calo di fatturato nel 2020 e un
calo di occupazione dell’1,7% (equivalente a 1.4 milioni di posti di lavoro
persi).
Tenuto conto l’alto potenziale innovativo di queste imprese, la valutazione del
possibile impatto sulle PMI è un focus costante della strategia industriale
europea, a cominciare dalle normative.
Infatti, la Commissione ha deciso di adottare un approccio che definisce
“one-in, one-out”, che consiste nel compensare qualsiasi nuovo onere per i
cittadini e le imprese derivante dalle sue proposte eliminando un equivalente
onere esistente nella stessa area politica. Un approccio che, secondo la
Commissione, andrà a vantaggio soprattutto delle PMI.
Al sostegno delle PMI è dedicata una strategia mirata all’interno del piano di
sviluppo industriale europeo, dove la Commissione ha sottolineato la
necessità di migliorare l’equità nelle relazioni B2B per sostenere le PMI
che, a causa di asimmetrie nel potere contrattuale con le organizzazioni più
grandi, sono soggette a pratiche e condizioni commerciali sleali, sia online che
offline.
E alla luce dell’importanza strategica dell’e-Commerce per il business
sottolineata dalla pandemia, ridurre questi rischi è fondamentale. Anche a
questo si rivolge la legge sui mercati digitali dell’Unione, che propone una
serie di norme comuni sugli obblighi e la responsabilità degli intermediari in
tutto il mercato unico, che aprirà opportunità per tutte le imprese, comprese le
PMI, e garantirà un elevato livello di protezione a tutti gli utenti.
A questo si aggiunge il lavoro dell’Osservatorio Ue sui ritardi di pagamento
nelle transazioni commerciali, fortemente voluto dalla Commissione, visto
che il 40% dei business all’iterno dell’Unione viene pagato in ritardo e che la
pandemia ha fatto ulteriormente slittare i pagamenti (in media di ulteriori 30
giorni).
Trenta giorni che, per una PMI e in questo preciso momento storico, possono
portare al fallimento dell’impresa. Per questo nella strategia industriale la
Commissione ribadisce che presenterà la proposta per la creazione di un
Alternative Dispute Resolution scheme, per risolvere questo tipo di
controversie.
Oltre a questo strumento, nel breve termine la Commissione è pronta a
mobilitare investimenti significativi rivolti proprio alle PMI. Inoltre, la
Commissione prevede che lo sportello a loro dedicato all’interno del piano
InvestEU – la strategia europea volta ad aumentare gli investimenti in Europa,
sostenere la ripresa e preparare l’economia per il futuro – potrebbe innescare
45 miliardi di euro di investimenti nelle PMI entro la fine del 2023.
Ma non basta, perché per cercare di arginare l’aumento dei fallimenti tra le
piccole e medie imprese, la strategia industriale europea prevede ulteriori
azioni, strumenti di tutela e incentivi. Nel documento, infatti, la Commissione si
impegna anche a:
● promuovere lo scambio di buone pratiche a supporto delle imprese
e dei loro investimenti adottate dagli Stati membri
● accelerare il lavoro sul finanziamento azionario per le PMI,
espandendo il sostegno al capitale di scala, agli investimenti strategici e
alle offerte pubbliche iniziali (IPO). Un lavoro che, secondo la
Commissione, attiverà investimenti in tecnologie verdi e digitali in tutte
le fasi della vita di una PMI, dalle start-up alla fase di crescita ed
espansione, fino all’uscita sui mercati pubblici. Un nuovo Fondo IPO
pubblico-privato, inoltre, sosterrà le PMI e le mid-cap lungo (e oltre) il
processo di quotazione
● nuove misure per una tassazione più giusta e sostenibile, che tenga
conto dei bisogni delle PMI. Misure che la Commissione ha delineato
nella “Comunicazione per una tassazione di business per il XXI
secolo“
● revisione delle misure dello State aid Temporary Framework per
valutarne l’efficacia e stabilire gli interventi necessari
Anche all’interno della strategia per accelerare la transizione digitale e
verde (di cui parleremo nel prossimo paragrafo), non manca un focus sulle
PMI. Per aiutarle con gli investimenti necessari a sostenere queste
trasformazioni, infatti, la Commissione prevede la creazione di consulenti per
la sostenibilità, figure che presteranno consulenza dedicata alle PMI e che
saranno pienamente in atto a partire dal 2022.
La strategia industriale europea per accelerare la
trasformazione digitale e green delle imprese
Già nella precedente strategia la Commissione aveva predisposto delle
misure, alcune delle quali già implementate, per sostenere la
trasformazione digitale delle imprese e indirizzarle lungo il cammino per il
raggiungimento di una maggiore sostenibilità.
Con la revisione del documento, la Commissione ha voluto incrementare
questi sforzi, legando a ciascun ecosistema industriale individuato dei
percorsi specifici rivolti alla duplice transizione. Percorsi che devono essere
co-progettati coinvolgendo industrie, autorità pubbliche, parti sociali e altri
stakeholder, per offrire una chiara visione (con un approccio “bottom-up”) della
scala, dei costi, dei benefici a lungo termine e delle azioni necessarie per
accompagnare la doppia transizione per gli ecosistemi più rilevanti.
Un focus particolare verrà riservato all’industria dell’acciaio, con un’analisi
dettagliata su cosa significa la transizione verde e digitale per questo
particolare settore e mettendo il luce il ruolo delle misure politiche dell’Ue a
sostegno della trasformazione di questa industria.
Anche per questo, la Commissione si è assicurata che nei piani di ripresa e
resilienza dei singoli Stati membri, almeno il 37% delle risorse fossero
dedicate a investimenti green e almeno il 20% a quelli nel digitale.
Inoltre, per sostenere gli sforzi a favore della ripresa e sviluppare capacità
verdi e digitali, la Commissione sosterrà gli Stati membri in progetti comuni
volti a massimizzare gli investimenti nell’ambito del dispositivo per la ripresa e
la resilienza
Alcuni Stati membri hanno segnalato la loro intenzione di includere nei loro
piani nazionali progetti multinazionali, pertanto la Commissione sta valutando
le opzioni per un meccanismo efficace per accelerare l’attuazione di tali
progetti, consentendo in particolare una possibile combinazione di
finanziamenti degli Stati membri e dell’Ue.
Altro elemento chiave della strategia saranno le azioni per promuovere gli
accordi di acquisto di energia rinnovabile all’interno della proposta di
Direttiva sull’energia rinnovabile. In questo ambito, la Commissione
collaborerà con gli Stati membri per accelerare gli investimenti nelle energie
rinnovabili e nelle reti elettriche e rimuovere gli ostacoli.
Per mettere insieme finanziamenti pubblici e privati a favore della ricerca e
dell’innovazione nel campo delle tecnologie e dei processi a bassa intensità di
CO2, la Commissione continuerà anche a promuovere dei partenariati
europei all’interno del Programma Horizon.
Questo – insieme a tutti gli strumenti agevolativi, al Consiglio europeo
dell’innovazione e l’Istituto di innovazione e tecnologia – sosterrà l’ecosistema
di innovazione paneuropeo per la transizione verde e digitale.
Gli investimenti e le azioni per migliorare le competenze della
forza lavoro
Per sostenere la duplice transizione ci sarà bisogno delle giuste competenze.
A questo proposito, già nel luglio 2020, la Commissione aveva pubblicato la
sua Agenda per le competenze, che fissava gli obiettivi da raggiungere sul
capitale umano nei prossimi cinque anni e che era già stata integrata alla
versione originale della strategia industriale europea.
Al centro dell’agenda vi sono diverse azioni rivolte al coinvolgimento della
popolazione in età lavorativa nei percorsi di upskilling e reskilling, oltre ad
un focus sulle competenze digitali di base, che la Commissione vuole
estendere a un ulteriore 25% della popolazione entro il 2025. Questo vorrebbe
dire che almeno 230 milioni di persone dovranno possedere, entro il 2025,
competenze digitali di base.
Obiettivi che l’Ue intende raggiungere con una strategia basata su 12 passi
per mobilitare gli investimenti in formazione, monitorare il fabbisogno in settori
strategici e promuovere la collaborazione transnazionale tra gli istituti
universitari e di ricerca degli Stati membri.
Percorsi che non saranno rivolti soltanto ai lavoratori, ma anche ai giovani,
che sono tra le categorie sociali più colpite dagli effetti della pandemia, la
Commissione sta infatti pensando di delineare un quadro di “competenze per
la vita”, ovvero sosterrà l’apprendimento di giovani e adulti di tutte le età su
aspetti quali le competenze civiche e l’alfabetizzazione mediatica, nonché
finanziaria, ambientale e sanitaria.
Inoltre, per promuovere lo sviluppo di competenze chiave, l’agenda prevede
che la Commissione valuterà l’introduzione di diritti alla formazione.
Tra le iniziative più importanti dell’agenda vi è il Patto per le competenze,
che mira a mobilitare tutti i partner per offrire maggiori e migliori opportunità di
formazione e per sbloccare gli investimenti pubblici e privati in tutti gli
ecosistemi industriali e di competenze.
Il Patto sostiene partenariati di competenze su larga scala per ogni
ecosistema, alcuni dei quali hanno già presentato impegni di qualificazione
(industria automobilistica, microelettronica, aerospaziale e della difesa).
Le tavole rotonde sulle competenze, organizzate dalla Commissione con le
parti interessate di ogni ecosistema, copriranno tutti gli ecosistemi entro la
metà del 2021 e contribuiranno alla progettazione e all’attuazione dei percorsi.
Le Giornate europee dell’industria
Il successo della strategia industriale europee si basa anche sulla capacità di
mobilitare interesse di tutti gli stakeholder per delineare, insieme, il futuro
dell’industria europea.
Per questo scopo, ogni anno (dal 2017) vengono organizzate le giornate
europee dell’industria (EU Industry Days), un evento che chiama a raccolta
gli industriali europei per discutere le sfide dell’industria e sviluppare insieme
opportunità e risposte politiche in un dialogo inclusivo con tutte le parti
interessate.
Delle giornate che servono, inoltre, per informare i cittadini sulle politiche
industriali a livello europeo, nazionale e regionale e per assicurare che le
politiche siano in linea con gli obiettivi stabiliti.
Ogni anno queste giornate si incentrano su tematiche diverse. L’edizione del
2022, che si terrà dall’8 all’11 febbraio, stimolerà le discussioni tra gli
ecosistemi industriali sui loro percorsi verdi e digitali, per rafforzare la
resilienza delle aziende e delle PMI europee.
Inoltre, l’evento tenterà di analizzare come la giovane generazione europea
può plasmare il futuro dell’industria dell’Ue, in linea con la proposta della
Commissione di fare del 2022 l’anno europeo della gioventù.

FONTE – INNOVATION POST

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