INFORTUNI SUL LAVORO – LA RESPONSABILITA’ DEL DATORE DI LAVORO ANCHE NEL CASO DI IMPRUDENZA DA PARTE DEL LAVORATORE

Il datore di lavoro è responsabile anche nel
caso di imprudenza del lavoratore
Tra le misure protettive a carico del datore rientrano anche quelle
esigibili in relazione al rischio derivante dalla condotta colposa del
dipendente (Cass. 25597/2021)
di Marcella Ferrari

Nel caso di danno alla salute del lavoratore, la responsabilità del datore di
lavoro è esclusa solo se il danno è stato cagionato da una condotta atipica ed
eccezionale del prestatore che si pone come causa esclusiva dell’evento
dannoso. Interviene, in tal caso, il rischio elettivo, che si verifica quando la
condotta abnorme del lavoratore sia tale da recidere il nesso causale tra
l’obbligo di sicurezza gravante sul datore di lavoro e l’infortunio intervenuto.
Al di fuori di tale ipotesi, in linea generale, il datore di lavoro è responsabile
quando omette di adottare le misure protettive, comprese quelle esigibili in
relazione al rischio derivante dalla condotta colposa del lavoratore.
È, parimenti, responsabile se non vigila affinché le misure adottate siano
rispettate da parte del dipendente. Infine, l’obbligo di tutela delle condizioni
di lavoro (ex art. 2087 c.c.) non è adempiuto se le misure di prevenzione non
sono idonee ad eliminare nella misura massima possibile anche i rischi
derivanti da imprudenza, negligenza o imperizia del lavoratore.
Così ha deciso la Corte di Cassazione con l’ordinanza 22 settembre 2021, n.
25597 (testo in calce).
La vicenda
Un lavoratore conviene in giudizio la società – datrice di lavoro (appaltatrice) e
la società committente per ottenere il risarcimento del danno, patrimoniale e
non patrimoniale, conseguente all’infortunio sul lavoro da lui subito. Nel
sollevare delle lastre – dal peso di 3.200 kg – da movimentare con l’ausilio di
un carroponte per caricarle su autoarticolati, il lavoratore era stato colpito a
causa di una oscillazione del carico poiché non si era allontanato dalla
zona di movimentazione. Anziché spostarsi nell’area sicura delimitata da
apposite strisce colorate sul pavimento, egli era rimasto nella zona di
lavorazione a “rischio residuo”.
L’INAIL ha proposto azione di regresso verso ambedue le società (appaltatrice
e committente).
In primo e secondo grado, la domanda attorea viene rigettata, in quanto
l’incidente è ascritto alla colpa esclusiva del lavoratore. Oltre all’appello del
danneggiato, viene respinto anche quello dell’INAIL. Infatti, il giudice del
gravame ritiene che non sia stata dimostrata l’omessa vigilanza né del datore
di lavoro né della committente, al contrario, era emersa una condotta anomala
del lavoratore. Si giunge così in Cassazione.
Le doglianze del lavoratore
Il prestatore di lavoro lamenta la mancata vigilanza e la violazione delle
misure di sicurezza da parte del datore di lavoro; l’inidoneità della misura
preventiva adottata nell’attività di caricamento delle lamiere.
Egli contesta la decisione della Corte d’appello laddove ha considerato come
anomala la sua condotta perché, al momento di azionare il carroponte, era
rimasto vicino alle cataste di lamiere, senza spostarsi nella zona sicura
delimitata dalle linee verdi presenti sul pavimento. Il giudice di merito ha
ritenuto sufficienti le misure assunte dal datore di lavoro e ne ha escluso la
responsabilità.
La Suprema Corte accoglie le doglianze del ricorrente, ritenendo che le
statuizioni della sentenza gravata non siano rispettose dei principi
elaborati dalla giurisprudenza consolidata in tema di responsabilità
conseguente a infortunio sul lavoro.
L’obbligo di sicurezza a carico del datore di lavoro
L’obbligo di sicurezza a carico del datore di lavoro trova diversi referenti
normativi:
● art. 32 Cost.
● art. 31 Carta di Nizza, ove è previsto che “ogni lavoratore ha diritto a
condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose”,
● d.lgs. 81/2008 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei
luoghi di lavoro,
● art. 2087 c.c. secondo cui l’imprenditore è tenuto ad adottare
nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del
lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità
fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.
Il datore di lavoro deve adottare:
● non solo le particolari misure tassativamente previste dalla legge
in relazione allo specifico tipo di attività esercitata,
● ma anche tutte le altre misure che in concreto si rendano necessarie
per tutelare l’integrità psicofisica del lavoratore.
Tali altre misure devono essere adottate “in base all’esperienza ed alla tecnica
e tenuto conto della concreta realtà aziendale e degli specifici fattori di
rischio, sia pure, come è stato precisato, in relazione ad obblighi di
comportamento concretamente individuati” (Cass. 30679/2019; Cass.
14066/2019; Cass. 12863/2004).
Il fondamento della responsabilità datoriale
La responsabilità del datore di lavoro in caso di infortunio occorso al
lavoratore interviene nell’ipotesi di mancata attuazione delle misure di
prevenzione:
● specificamente previste da norme di legge,
● oppure esigibili nel caso concreto in base alle regole di prudenza,
perizia e diligenza, e idonee ad impedire l’evento lesivo oppure a
ridurne le conseguenze.
Le norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro sono tese ad impedire
l’insorgere di situazioni pericolose e tutelano il lavoratore anche dagli
incidenti provocati dalla sua imperizia, negligenza ed imprudenza.

Il datore di lavoro è tenuto a “proteggere l’incolumità dei lavoratori e a
prevenire anche i rischi insiti nella possibile negligenza, imprudenza o
imperizia dei medesimi nell’esecuzione della prestazione, dimostrando di aver
posto in essere ogni precauzione a tal fine idonea” (Cass. 16026/2018; Cass.
798/2017; Cass. 27127/2013; Cass. 4075/2004).
Pertanto, sussiste la responsabilità del datore di lavoro:
● “sia quando ometta di adottare le misure protettive, comprese
quelle esigibili in relazione al rischio derivante dalla condotta colposa
del lavoratore”,
● “sia quando, pur avendo adottate le necessarie misure, non accerti
e vigili affinché queste siano di fatto rispettate da parte del
dipendente” (Cass. 2209/2016).
La condotta colposa del lavoratore non esclude la responsabilità del
datore
La circostanza che il prestatore abbia tenuto una condotta negligente o
imprudente non è sufficiente, di per sé, ad escludere la responsabilità del
datore di lavoro che non abbia adottato le misure necessarie a tutelare la
salute dei lavoratori. La negligenza o imprudenza del lavoratore non rileva
neppure sotto il profilo del concorso di colpa nel caso in cui vi sia un
inadempimento del datore di lavoro nell’adozione della cautele richieste
“tipiche o atipiche, concretamente individuabili, nonché esigibili ex ante ed
idonee ad impedire, nonostante l’imprudenza del lavoratore, il verificarsi
dell’evento dannoso” (Cass. 30679/2019).
Escluso il concorso di colpa del lavoratore
La giurisprudenza è concorde nel ritenere che vada esclusa la sussistenza di
un concorso di colpa della vittima (ex art. 1227 c. 1 c.c.) – al di fuori dei casi
di rischio elettivo – quando emerge che il datore di lavoro:
● ha omesso di adottare le prescritte misure di sicurezza,
● oppure ha impartito l’ordine da cui si è verificato l’infortunio,
● oppure ha trascurato di fornire al lavoratore infortunato un’adeguata
formazione ed informazione sui rischi lavorativi.
In tutti i casi sopra esposti, l’eventuale condotta imprudente del lavoratore
diviene una mera occasione dell’infortunio e risulta giuridicamente irrilevante
(Cass. 8988/2020). In particolare, è stato “escluso il concorso di colpa del
lavoratore ove l’infortunio sia avvenuto a causa della organizzazione stessa
del ciclo lavorativo, impostata con modalità contrarie alle norme finalizzate alla
prevenzione degli infortuni, o comunque contraria ad elementari regole di
prudenza” (Cass. 8988/2020; Cass. 12538/2019).
Il rischio elettivo e la condotta abnorme del lavoratore
La Corte ricorda che la condotta del dipendente comporta l’esclusione della
responsabilità del datore di lavoro da responsabilità solo quando presenti i
caratteri dell’abnormità, inopinabilità ed esorbitanza rispetto all’attività
lavorativa da svolgere e alle direttive ricevute. Inoltre, deve trattarsi di un
comportamento atipico ed eccezionale in modo da risultare come la causa
esclusiva dell’evento (Cass. 4075/2004). In altre parole, la condotta del
lavoratore deve atteggiarsi come imprevedibile rispetto al procedimento
lavorativo “tipico” ed alle direttive ricevute (Cass. 3786/2009).
Si parla di rischio elettivo facendo riferimento alla “condotta personalissima
del lavoratore, esercitata ed intrapresa volontariamente in base a ragioni e
motivazioni del tutto personali, avulsa dall’esercizio della prestazione
lavorativa e tale da creare condizioni di rischio estranee alle normali modalità
di lavoro e da porsi come causa esclusiva dell’evento, interrompendo il nesso
eziologico tra prestazione ed attività assicurata” (Cass. 3763/2021; Cass.
7649/2019; Cass. 16026/2018; Cass. 798/2017; Cass. 7313/2016; Cass.
28786/2014; Cass. 12779/2012; Cass. 21694/2011).
Pertanto, nel caso di danno alla salute del lavoratore, la responsabilità del
datore di lavoro è esclusa se il danno è stato cagionato da una condotta
atipica ed eccezionale del prestatore che si pone come causa esclusiva
dell’evento dannoso.
La distribuzione dell’onere della prova
La responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c. non è un’ipotesi di
responsabilità oggettiva. Il lavoratore, quindi, ha l’onere di provare:
● il fatto costituente l’inadempimento,
● la sussistenza del danno,
● il nesso causale tra questi due elementi.
Il lavoratore non deve provare la colpa del datore di lavoro giacché opera la
presunzione ex art. 1218 c.c. Invece, il datore di lavoro deve allegare di aver
adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e
di aver vigilato circa l’effettivo uso degli strumenti di cautela forniti al
dipendente (Cass. 3786/2009).
In particolare, occorre operare una distinzione:
● nel caso di omissione di misure di sicurezza nominate (ossia
espressamente previste dalla legge, o da altra fonte vincolante), la
prova liberatoria incombente sul datore di lavoro si esaurisce nella
negazione degli stessi fatti provati dal lavoratore;
● in caso di omissione delle misure di sicurezza innominate (ossia
ricavabili dall’art. 2087 c.c.), la prova liberatoria è correlata “alla
quantificazione della misura di diligenza ritenuta esigibile nella
predisposizione delle indicate misure di sicurezza, imponendosi
l’onere di provare l’adozione di comportamenti specifici che siano
suggeriti da conoscenze sperimentali e tecniche, quali anche
l’assolvimento di puntuali obblighi di comunicazione” (Cass.
10319/2017; Cass. 14467/2017; Cass. 34/2016; Cass. 16003/2007).
Conclusioni: obbligo di tutela anche contro i rischi derivanti
dall’imprudenza del lavoratore
Secondo la Cassazione, la corte di merito ha errato nel considerare abnorme
la condotta del lavoratore, questi, infatti, si era infortunato mentre eseguiva la
prestazione lavorativa ed era stato colpito dall’oscillazione delle lamiere
sollevate con il carroponte, in quanto si trovava nella zona di movimentazione
del carico, da cui non si era tempestivamente allontanato.
Nel caso di specie, quindi, non era invocabile un rischio elettivo tale da
recidere il nesso causale tra l’obbligo di sicurezza gravante sul datore di
lavoro/committente e l’infortunio intervenuto. Pertanto, la sentenza gravata è
incorsa nell’errore di diritto, per violazione dell’art. 2087 c.c., in quanto ha
del tutto omesso di indagare sulla “idoneità delle misure di prevenzione
adottate dalla datrice di lavoro e/o dalla committente […] a scongiurare il
rischio connesso alla movimentazione delle lamiere, di notevole peso e
dimensioni; rischio che era necessario valutare anche in relazione ad una
possibile condotta negligente e imprudente del lavoratore”.
Inoltre, l’indagine sul corretto adempimento dell’obbligo di sicurezza da parte
del datore/committente avrebbe dovuto comprendere l’utilizzabilità di diversi
sistemi protettivi come l’impiego di barriere tecnologicamente avanzate, volte
ad impedire l’accesso all’area di movimentazione dei carichi. Infatti, l’obbligo
di tutela delle condizioni di lavoro (ex art. 2087 c.c.) non è adempiuto se le
misure di prevenzione non sono idonee ad eliminare nella misura massima
possibile anche i rischi derivanti da imprudenza, negligenza o imperizia
del lavoratore.
CASSAZIONE CIVILE, ORDINANZA N. 25597/2021
fonte altalex

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