Chi deve avere e chi non il green pass al
lavoro
Il green pass sul posto di lavoro diventa – dal 15 ottobre – obbligatorio
per tutti. Ci sono delle persone esonerate, ma si tratta di una platea
molto ristretta.
La domanda del giorno è: chi non deve avere il green pass al lavoro?
Il 16 settembre è stata una giornata storica per l’Italia: è il primo Paese
dell’Unione Europea a introdurre un obbligo generalizzato del green pass per
lavorare. Senza certificazione non ci si può recare al lavoro, e nel caso in cui il
datore di lavoro decidesse comunque di ammettere il dipendente entrambi
sarebbero esposti al pagamento di una sanzione che va dai 600 ai 1.500
euro.
In totale, secondo le stime del Governo, sono 15 milioni i lavoratori coinvolti
nell’obbligo. Una platea molto ampia “racchiusa” in sole 9 pagine di decreto
(qui il testo).
Ci sono degli esclusi, ma va detto che si tratta di una platea molto ristretta.
Sono molto pochi, infatti, coloro che sono autorizzati a presentarsi al lavoro
pur essendo sprovvisti dell’apposita certificazione; vediamo di chi si tratta.
Per chi è obbligatorio il green pass al lavoro
Dal 15 ottobre 2021 avere il green pass sarà condizione fondamentale per
poter svolgere il proprio lavoro. Lo prevede il decreto approvato dal Consiglio
dei Ministri il 16 settembre, il quale si può sintetizzare dicendo che con
l’entrata in vigore di questo provvedimento:
A chiunque svolge una attività lavorativa nel settore privato è fatto obbligo, ai
fini dell’accesso nei luoghi in cui la predetta attività è svolta, di possedere e di
esibire su richiesta la certificazione verde COVID-19 di cui all’articolo 9,
comma 2 (green pass, ndr.)
Lo stesso vale per i dipendenti pubblici, compreso il “personale delle Autorità
amministrative indipendenti, ivi comprese la Commissione nazionale per la
società e la borsa e la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, della
Banca d’Italia, nonché degli enti pubblici economici e degli organi di rilievo
costituzionale”.
Il green pass, dunque, è richiesto a chiunque svolga attività lavorativa, che per
definizione è quella “attività materiale o intellettuale per mezzo della quale si
producono beni o servizi, regolamentata legislativamente ed esplicata in
cambio di una retribuzione”.
Non ci sono settori lavorativi esclusi dall’obbligo del green pass. La regola
vale, ad esempio, anche per:
● professionisti con Partita IVA: si pensi a elettricisti e idraulici che
lavorano per conto proprio;
● lavoratori domestici: colf, badanti, baby sitter, giardinieri, domestici;
● commercianti e artigiani;
● lavoratori impegnati in settori per la cura della persona: parrucchieri,
estetisti;
● Forze dell’Ordine;
● personale degli uffici giudiziari: i magistrati ordinari, amministrativi,
contabili e militari, gli avvocati e procuratori dello Stato, i componenti
delle
● commissioni tributarie.
Non ci sono neppure differenze lato contrattuale: l’obbligo, ad esempio, vale
indipendentemente dalla natura giuridica del rapporto di lavoro.
Paradossalmente sono soggetti alla sanzione descritta dal decreto anche i
lavoratori impiegati senza regolare contratto.
E il decreto spiega anche che non necessariamente la prestazione deve
essere retribuita per poter far scattare l’obbligo del green pass. Viene
specificato, infatti, che la disposizione si applica “altresì a tutti i soggetti che
svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione o di
volontariato nei luoghi di cui al comma 1, anche sulla base di contratti esterni”.
La regola, dunque, vale anche per chi svolge un praticantato o un tirocinio,
come pure per chi è impegnato in attività di volontariato.
Chi non deve avere il green pass al lavoro
Spiega lo stesso decreto che sono esonerati dall’avere il green pass al lavoro
coloro che sono “esenti dalla campagna vaccinale sulla base d’idonea
certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del
Ministero della Salute”.
Serve dunque, che ci sia un medico che si prenda la responsabilità di
certificare che la persona non può sottoporsi al vaccino. Può essere, ad
esempio, il caso degli immunodepressi o di coloro che soffrono di gravi
allergie a farmaci e cibo: al momento, però, dal Ministero della Salute non è
arrivato un elenco delle patologie “sensibili” come invece si sperava, facendo
dunque gravare interamente la responsabilità sul medico. La promessa è che
dal 30 settembre verrà messa online una Certificazione digitale dedicata, ma
per il momento si procede ancora con quella in formato cartaceo.
I clienti possono chiedere di vedere il green
pass?
Le nuove regole sul green pass fanno insorgere degli interrogativi: uno
di questi riguarda la possibilità per il cliente di chiedere di vedere la
certificazione.
Con l’obbligo del green pass sul posto di lavoro – che entrerà in vigore dal
prossimo 15 ottobre – sono diversi gli interrogativi: uno di questi riguarda la
possibilità per il cliente di chiedere al commerciante o all’artigiano di mostrare
la propria certificazione verde.
Pensiamo a chi prende un taxi, come pure a chi va dal parrucchiere:
d’altronde stiamo vivendo un periodo dove non è chiaro chi sono i controllori e
chi i controllati, quindi non stupirebbe vedere che dal 15 ottobre tra i clienti si
diffonda l’usanza di richiedere il green pass all’esercente.
Quello che ci chiediamo in questa sede non è se una tale richiesta è giusta o
meno: quel che ci interessa è guardare alla legittimità della stessa. Può un
cliente chiedere di vedere se chi offre un determinato servizio sia anche in
regola con la certificazione oppure è passabile di denuncia? Facciamo
chiarezza.
I clienti possono chiedere all’esercente di vedere il green pass?
Sono diversi gli ambiti in cui un cliente potrebbe avere interesse a verificare
se l’esercente è in regola con la certificazione obbligatoria (come stabilito dal
decreto del 16 settembre scorso).
Pensiamo, ad esempio a chi chiama l’idraulico per un problema nel bagno di
casa, oppure a chi deve fare una lunga tratta in taxi e vuole essere tranquillo
riguardo alla condizione del tassista. Una situazione che già oggi potrebbe
verificarsi, ma che immaginiamo sarà molto più diffusa dal 15 ottobre, quando
avere il green pass diventerà condizione essenziale per poter svolgere
qualsiasi lavoro, sia nel settore privato che per il pubblico.
La domanda allora è: i clienti possono chiedere al negoziante, al
professionista o a qualsiasi altro esercente di controllare il green pass? La
risposta è positiva, ma allo stesso tempo non c’è alcun obbligo per l’esercente
di esibire la certificazione. E ovviamente non ci sono neppure sanzioni per chi
decide di non mostrarla.
Il controllo del green pass non viola la privacy
Per trovare una risposta a questa domanda dobbiamo prima di tutto
rispondere a un’altra. Ovvero: il cliente che chiede la verifica del green pass
commette una violazione della privacy? Un tema su cui nei giorni scorsi si è
espresso il Consiglio di Stato.
Nel dettaglio, il Consiglio di Stato, respingendo in sede cautelare un ricorso
già deciso dal Tar Lazio con pronuncia n. 4281/2021, ha confermato che la
richiesta del green pass – da parte di datori di lavoro o altri controllori
individuati dalla normativa – non rappresenta una violazione della privacy.
Secondo il Consiglio di Stato, infatti, mostrando il green pass non vengono
rilevati dati appartenenti a categorie particolari indicate dall’articolo 9 del
GDPR: non vengono né mostrati dati sanitari né tantomeno altri dati sensibili.
A differenza della condizione di vaccinati, che può essere controllata
solamente dal medico competente, il controllo in questo caso attesta
solamente se la persona possiede o meno la certificazione richiesta dalla
legge.
Il cliente può chiedere di vedere il green pass, ma l’esercente può rifiutarsi
Dal momento che una tale richiesta da parte del cliente non rappresenta una
violazione della privacy, non vediamo altri impedimenti di tipo giuridico.
Questo, dunque, può anche chiedere all’esercente di poter vedere il suo
green pass, ma allo stesso tempo quest’ultimo può anche rifiutarsi.
Secondo la legge, infatti, non deve essere il cliente a controllare il green pass.
Pensiamo al caso dei tassisti: semmai sarà la cooperativa o la società a cui
questi fanno parte a dover effettuare i controlli, non di certo chi usufruisce del
servizio.
Chiedere è tuttavia lecito, così come rifiutare o accettare di mostrare la propria
certificazione. Così come pure è lecito per il cliente rifiutare di usufruire di un
certo servizio nel caso in cui non dovesse ricevere le rassicurazioni di cui
necessita.