Fringe benefit contro il caro vita: le scelte
delle imprese italiane

Fringe benefit contro il caro vita: le scelte
delle imprese italiane


Grandi gruppi internazionali, imprese artigiane, aziende pubbliche,
società benefit: nell’ultimo anno sono state molte ed eterogenee le
organizzazioni che hanno previsto iniziative per aiutare i propri
collaboratori alle prese con l’aumento del costo della vita. Facendo
attenzione a non snaturare la logica sociale, anzitutto evitando di
aumentare eccessivamente la soglia di defiscalizzazione, appare ormai
evidente come il Legislatore debba rivedere in maniera strutturale la
normativa sul welfare aziendale.
di Valentino Santoni
Il welfare aziendale ha, per sua natura, una valenza fortemente sociale. Ma,
soprattutto alla luce di quanto accaduto nel corso del 2022, è innegabile
anche l’importante ruolo economico che ha progressivamente assunto.
L’aumento della soglia di deducibilità dei fringe benefit1 ha infatti portato molte
organizzazioni a significativi investimenti nel corso dell’anno appena concluso.
Come vi abbiamo raccontato, il limite di spesa legato ai fringe è salito per il
2022 prima a 600 euro e poi, attraverso il Decreto Aiuti Quater, addirittura a
3.000 euro. Inoltre, fino a dicembre è stato possibile utilizzare gli stessi fringe
benefit per il rimborso delle utenze domestiche di acqua, luce e gas.
Pur trattandosi di una scelta a nostro avviso poco lungimirante e addirittura
pericolosa per il welfare aziendale (abbiamo spiegato qui la nostra posizione a
riguardo), è innegabile che l’aumento della soglia dei fringe abbia reso più
semplice per le aziende prevedere premi e bonus per i propri collaboratori. Gli
esempi sono molti e hanno una cosa in comune: cercano di dare una risposta
concreta al carovita e al caro energia.
L’impegno delle grandi aziende contro inflazione e caro vita
In questo senso sono diverse le azioni messe in campo anzitutto da alcune
grandi multinazionali che operano nel nostro Paese.
Amazon, ad esempio, ha messo a disposizione 500 euro extra di budget
welfare da spendere tramite la propria piattaforma per ognuno dei dipendenti
a tempo indeterminato. Inoltre, attraverso un accordo sindacale, il colosso
dell’e-commerce e della logistica (settore in cui, come raccontavamo qui, il
lavoro è soggetto a dinamiche molto discutibili) ha previsto un aumento del
2% lordo della retribuzione a partire dal mese di ottobre e l’aumento del valore
del ticket pasto per il 2023 (da 5 a 7 euro). Edenred Italia, società che si
occupa di soluzioni per la gestione delle risorse umane e il welfare aziendale,
ha invece assegnato un bonus di 1.000 euro a tutti i suoi collaboratori nel
mese di novembre.
Tra i “grandi” che hanno investito in questa direzione ci sono anche diversi
gruppi del settore bancario e del credito. Intesa Sanpaolo ha previsto un
riconoscimento economico contrattato una tantum di 500 euro, che si
aggiunge a quello dello stesso valore erogato nel settembre scorso. Unicredit
ha invece erogato un premio di 1.500 euro e altri 800 euro aggiuntivi in
welfare. Il Banco Desio e Brianza ha previsto un bonus di 500 euro in welfare
per dipendenti contro il carovita.
Anche alcuni marchi noti della moda e del settore alimentare italiano si sono
mossi a sostegno del potere di acquisto dei propri dipendenti. Tra questi c’è
Ferragamo, che ha rafforzato il suo impegno nel welfare con un premio da
1.000 euro per tutti i 760 dipendenti. Tod’s, attraverso un comunicato stampa,
ha invece fatto sapere che a causa del “contesto di straordinaria complessità
per l’intero sistema economico e sociale del nostro Paese” e “a fronte del
pesante aumento del costo della vita che stiamo sperimentando negli ultimi
mesi” erogherà un bonus welfare di 500 euro. la toscana Superior 500 euro
Per quanto riguarda il settore alimentare, i lavoratori e le lavoratrici del Gruppo
San Benedetto hanno ricevuto un bonus di 500 euro da spendere in beni e
servizi di welfare; mentre per i circa 750 collaboratori di Birra Peroni ci sono
stati 600 euro. Nel settore marmifero italiano, il Gruppo Stilmarmo di Apricena

(in provincia di Foggia) arriva a 1000 euro, mentre Italcementi ha sottoscritto un accordo con i sindacati che prevede un bonus straordinario che va da 500 euro (per i dipendenti con una retribuzione
annua lorda superiore a 50.000 euro) fino a 1.000 euro (per chi invece ha una
retribuzione lorda inferiore a 35.000 euro) bonus straordinario che va da 500 euro (per i dipendenti con una retribuzione
annua lorda superiore a 50.000 euro) fino a 1.000 euro (per chi invece ha una
retribuzione lorda inferiore a 35.000 euro). La società benefit friulana Icop,
anch’essa attiva nell’ambito edile, ha erogato 300 euro e Nel settore delle
telecomunicazioni spiccano l’impegno di Inwit e Prysmian, che hanno investito
rispettivamente 1.000 euro e 800 euro per dipendente.
Si segnala inoltre come l’impegno nel campo del welfare aziendale abbia
interessato anche aziende pubbliche, come Ferrovie dello Stato che ha
stanziato 300 euro per tutti i ferrovieri, ma anche corpi intermedi, come le
ACLI che hanno deciso di distribuire 200 euro per gli oltre 2.500 dipendenti.
Non solo “grandi”: gli interventi delle PMI
Il sostegno ai dipendenti contro il carovita e il caro bollette tuttavia non
riguarda solo i “grandi” ma vede impegnate anche molte imprese di piccole e
medie dimensioni.
Cabagaglio di Sirone, realtà che si occupa della produzione di packaging della
provincia di Lecco, ha ad esempio erogato 800 euro a tutti i suoi 89
dipendenti. Sidermec, azienda metalmeccanica della provincia di
Forlì-Cesena, ha previsto un totale di 150.000 euro come premi welfare ai 50
dipendenti. Mentre L’officina meccanica Romagnoli di Prato ha versato un
bonus di 800 euro. In ognuno di questi casi si tratta di buoni spesa e di buoni
carburante che potranno essere utilizzati in circuiti di attività ed esercenti
convenzionati.
Degna di nota è anche la scelta del ristoratore emiliano Bruno Berti che ha
scelto di pagare le bollette di gas e luce dei suoi 55 dipendenti: la somma
sborsata ammonta ad oltre 50.000 euro. Acqua dell’Elba, manifattura
artigianale di profumi con sede sull’Isola d’Elba, ha previsto un bonus acquisto
fino a 1.000 euro per i suoi 118 dipendenti.
Wegg, azienda informatica padovana con 60 dipendenti, ha promosso un
nuovo piano di welfare aziendale che punta sul sostegno alla genitorialità e
non solo. Per permettere di coniugare al meglio le esigenze familiari e
personali con quelle lavorative l’azienda corrisponderà ai propri dipendenti
con figli dai 3 ai 36 mesi un contributo mensile per la retta dell’asilo nido
durante l’intero anno scolastico 2022-2023: per questo progetto l’azienda ha
previsto un contributo che va dai 2.000 ai 4.000 euro per i genitori dei bambini
in età prescolare.
Quale ruolo, dunque, per i fringe benefit?
Come dimostrano i numerosi casi segnalati, gli strumenti e le formule premiali
per i dipendenti si sono molto diffuse tra le imprese nel 2022, specialmente
nell’ultima parte dell’anno grazie alle scelte Legislatore che hanno reso più
appetibili i fringe benefit. Lo scopo palese, come rimarcato in occasione
dell’emanazione delle norme, era anzitutto quello aiutare i dipendenti a far
fronte all’aumento dei prezzi e ai costi dell’energia sempre più elevati.
Occorre però ricordare che da qualche giorno la quota dei fringe è tornata al
suo valore originale: cioè 258,23 euro, corrispondenti alle vecchie 500.000 lire
(per dare un’idea anche di quanto vada indietro nel tempo la normativa di
riferimento). La Legge di Bilancio 2023 non ha infatti previsto nessuna
modifica della normativa del welfare aziendale. Come vi abbiamo spiegato
qui, anche se a nostro avviso è stato un errore prevedere un valore di 3.000
euro per questi benefit, il limite di 258 euro oggi appare eccessivamente
basso, in particolare se rapportato ai livelli dell’inflazione dell’ultimo anno.
Quale potrebbe essere dunque la scelta più corretta in questa fase? Diversi
operatori ed esperti, non da ultimo il Presidente di AIWA Emmanuele
Massagli, propongono un aumento stabile dei fringe benefit a 500 o 600 euro.
Si tratterebbe dunque di aggiornare una volta per tutte la normativa di
riferimento, andando oltre gli interventi sporadici che negli ultimi anni hanno
riguardato il welfare aziendale.
In questo modo le imprese potrebbero finalmente avere la certezza di una
norma su cui lavorare nel lungo periodo, senza dover rincorrere cambiamenti
in corso d’opera che hanno inevitabili conseguenze sul fronte organizzativo e
contabile (che non tutte le organizzazioni sono necessariamente in grado di
gestire). Per provider e fornitori significherebbe al contempo la possibilità di
investire per costruire un’offerta congrua e, si spera, attenta anche al valore
sociale del welfare aziendale. Vedremo se e come nei prossimi mesi il
Governo Meloni, che nel discorso di insediamento aveva dichiarato il forte
interesse su questo tema, sceglierà di intervenire.

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