SMART CITY – Perché l’innovazione urbana si realizza con l’inclusione e la partecipazione dei cittadini nello sviluppo di nuovi servizi

Perché l’innovazione urbana si realizza
con l’inclusione e la partecipazione dei
cittadini nello sviluppo di nuovi servizi


Occorre presidiare il tema della governance degli strumenti e dei
processi partecipativi. Dobbiamo evitare che le azioni sviluppate
siano disordinate e poco integrate fra loro. Forse un criterio guida,
che ci può aiutare in questo approccio trasversale, può essere
rappresentato dall’orientamento a sviluppare uno strumento o una
piattaforma unica di coinvolgimento del cittadino
di Raffaele Gareri – Chief Digital Government Officer, Linkem
Nel lontano 2003, ormai quasi vent’anni fa, l’OCSE (Organizzazione per la
cooperazione e lo sviluppo economico) pubblicò un interessante report di oltre
160 pagine dal titolo “Promesse e Problemi del eDemocracy – Sfide per
l’ingaggio online dei cittadini”. In questo interessante documento potete
trovare un’analisi delle diverse esperienze allora sperimentate nei vari paesi
europei e delle prime conclusioni su benefici, limiti e pregi dell’uso delle nuove
tecnologie per sostenere la partecipazione dei cittadini alla vita democratica.
Nonostante la ricchezza di quei contenuti, possiamo dire che eravamo
all’inizio di un percorso e forse, data la velocità dell’innovazione tecnologica,
possiamo aggiungere che saremo sempre in cammino e che ci dovremo
abituare a convivere con processi di continuo cambiamento. L’approccio
top-down e bottom-up delle iniziative partecipative muterà continuamente,
espandendo gli ambiti di azione e producendo alti e bassi nel progresso. Ma
proviamo a riassumere le diverse tipologie di processi partecipativi oggi più
praticate.
Oggi le città promuovono i processi partecipativi per lo
sviluppo di nuovi servizi
Oggi le città sono focalizzate nell’utilizzare le nuove tecnologie digitali per
sviluppare nuovi servizi e migliorare l’esperienza di vita urbana e quindi
aumentano, giustamente, i casi di chiamata dei cittadini nella fase di
brainstorming e progettazione del servizio stesso. La tensione verso la
riduzione del gap tra aspettativa, bisogno e offerta viene affrontata non solo
tramite il coinvolgimento dell’individuo, ma anche attraverso il codesign con le
organizzazioni. Sono ormai diversi gli enti locali e le aziende pubbliche che
coinvolgono i propri utenti. ma anche le startup, nei processi di ridisegno del
servizio con l’obiettivo di intercettare meglio idee, esigenze ma anche creare
le premesse per una più migliore sostenibilità finanziaria, ottenibile attraverso
la ricerca di un tasso maggiore di utilizzo del futuro servizio.
Il contributo in termini di critica costruttiva e la creatività dell’utente sono
fondamentali nella sperimentazione o nei cosiddetti progetti pilota perché
sappiamo ormai che ogni processo di innovazione richiede una verifica sul
campo, con il conseguente importante ciclo di integrazione e correzione prima
di procedere allo sviluppo industriale.
Infine, anche il monitoraggio del punto di vista dell’ente nel mantenimento
della qualità del servizio è ormai diventato una pratica diffusa, dove sempre
più si usano piattaforme e modalità di raccolta della customer satisfaction che
premiano il contributo dell’utente.
Non dimentichiamo la partecipazione anche nello sviluppo
delle strategie
Ma questa attenzione verso i servizi non deve ridurre l’attenzione delle
istituzioni verso i processi di partecipazione anche sui processi di
pianificazione e sviluppo delle strategie. C’è stata una stagione di
sperimentazione dei bilanci partecipativi, ma la difficoltà di trovare l’equilibrio
tra i processi decisionali bottom-up e il principio della delega politica hanno
spinto a momenti di ripensamento sulla diffusione di questi strumenti. È invece
più consolidata l’abitudine di enti locali, istituzioni nazionali ed europee a
sottoporre importanti documenti di pianificazione, a momenti di consultazione
pubblica (vedi ad esempio la recente consultazione pubblica del Piano “Italia
ad 1 Giga” o dell’Agenda Digitale della Regione Lazio). Interessante è anche
una nuova forma di partecipazione del cittadino nell’ambito della produzione
dei dati e quindi non solo nell’utilizzo, come viene già consentito dalle
piattaforme open data. Ciò è accaduto nel caso della pandemia, dove la libera
condivisione di dati dei cittadini tramite app varie ha aperto a nuove forme di
raccolta dati e sviluppo di policy data-driven se non addirittura a logiche
diverse di gestione dei servizi pubblici.
La varietà rilevata delle possibili forme di partecipazione ci spinge dunque alla
riflessione che occorra anche presidiare il tema della governance degli
strumenti e dei processi partecipativi. Dobbiamo evitare che le azioni
sviluppate siano disordinate e poco integrate fra loro. Forse un criterio guida,
che ci può aiutare in questo approccio trasversale, può essere rappresentato
dall’orientamento a sviluppare uno strumento o una piattaforma unica di
coinvolgimento del cittadino. La presenza di uno strumento digitale di
premialità, di incentivazione dei comportamenti sostenibili (sia dal punto di
vista ambientale che sociale) può consolidare il processo partecipativo, che
non viene così percepito come un episodio occasionale, ma che diventa
invece parte integrante della scelta e dell’utilizzo del servizio stesso.
Il coinvolgimento sul raggiungimento degli obiettivi della
comunità per motivare la partecipazione
Alcune città hanno già sperimentato l’attivazione di un canale digitale di
comunicazione bidirezionale, ovvero non solo di informazione verso il
cittadino, ma anche di raccolta dati e sondaggi; aggiungere stimoli mirati
all’ingaggio sul raggiungimento degli obiettivi politici della città può essere
l’elemento vincente che dà un senso e motivazione al dialogo costante tra
istituzione e cittadino. Ciò porta inevitabilmente a intrecciare il tema
dell’inclusione con la partecipazione. Occorre infatti evitare di creare un nuovo
divario digitale tra aree geografiche diverse e gruppi sociali diversi, occorre
anche ridurre il disagio degli anziani nell’utilizzare strumenti digitali e quindi,
più in generale, mettere in atto risposte concrete per prevenire e ridurre le
tensioni e conflitti sociali. Forse invitare il cittadino nei processi partecipativi,
con l’obiettivo di chiamarlo a contribuire al raggiungimento di alcuni obiettivi
dell’agenda 2030 della propria comunità, può anche diventare un momento di
cooperazione intergenerazionale e di avvicinamento tra le istituzioni e la
cittadinanza.
Esperienze internazionali di partecipazione
Ma se ci spostiamo a livello internazionale, quali casi interessanti possiamo
rilevare? Barcellona dal 2016 ha sviluppato Decidim, una Piattaforma di
Consultazione Civica per favorire lo scambio di idee, e ha un dipartimento
interno al Comune dedicato a gestire iniziative per aumentare la
partecipazione dei cittadini nei processi decisionali della città.
Invece sul tema del voto elettronico, l’Estonia detiene un primato: è stato il
primo paese al mondo nel 2005 a sperimentare il voto elettronico e oggi i
cittadini estoni possono votare via internet sia per le elezioni sia per i
referendum. Addirittura, nel luglio 2013, il governo ha reso open-source il
proprio sistema di e-Voting, distribuendo i sorgenti dell’applicazione.
L’Italia ha avviato i primi progetti di e-democracy nel 2004, in seguito nel 2019,
con il 4° Piano d’Azione Nazionale, il Governo ha reso disponibile ParteciPa
(una piattaforma open source a riuso) a tutte le pubbliche amministrazioni
centrali e locali, quale strumento utile a realizzare processi partecipativi
online. Fino ad oggi la piattaforma ParteciPaha ospitato circa 15 consultazioni
a scala nazionale.
La varietà degli strumenti, delle esperienze e delle diverse tipologie di forme di
partecipazione analizzata ci porta a concludere che il percorso è piuttosto
complesso ed occorre intraprendere a monte un’azione di sostegno dello
sviluppo delle competenze digitali dei cittadini, ma anche dei responsabili dei
servizi pubblici nelle istituzioni. Per far fronte a questa necessità FPA, Linkem
e la School of Global Management Thunderbird (dell’Arizona State
University) unitamente ad altri importanti player pubblici e privati, nazionali ed
internazionali, stanno disegnando uno Urban Innovation Complex a
disposizione di istituzioni, aziende, cittadini e professionisti. L’obiettivo è di
creare uno spazio fisico e virtuale dove facilitare l’apprendimento,
l’approfondimento di esperienze e la co-creazione di modelli e soluzioni che
possano poi essere avviate in autonomia nei territori secondo una logica di
sistema e non di sviluppo occasionale. La partecipazione e l’inclusione
richiedono infatti la condivisione di esperienze, ma anche la coprogettazione
di ecosistemi in grado di unire le varie categorie di attori di una comunità: gli
enti pubblici, le aziende, le università e la cittadinanza.
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