Sicurezza sul lavoro: colpa di organizzazione diversa da quella del responsabile del reato

Sicurezza sul lavoro: colpa di organizzazione
diversa da quella del responsabile del reato


di Francesco Rodorigo – LEGGI E PRASSI
La sentenza della Corte di Cassazione n. 18413/2022 stabilisce in tema di
responsabilità degli enti che, ai sensi del Dlgs 231/2001, la colpa di
organizzazione deve essere rigorosamente provata e non va confusa
con la colpevolezza del responsabile del reato. L’assenza di un modello
organizzativo per la sicurezza sul lavoro non è sufficiente a far scattare
la condanna
Sicurezza sul lavoro, la Corte di Cassazione ha sancito che la colpa di
organizzazione deve essere rigorosamente provata e non va confusa o
sovrapposta con la colpevolezza della persona fisica responsabile del reato.
L’assenza di un modello organizzativo o la sua inefficacia non basta a far
cadere la colpa sull’azienda, se l’eventuale reato sarà imputabile alla singola
persona fisica responsabile.
Perché ci sia responsabilità dell’ente, il singolo deve agire non
soggettivamente ma secondo un preciso assetto organizzativo negligente
dell’impresa. Da qui la necessità di provare in modo certo la colpa di
organizzazione.
Sicurezza sul lavoro: colpa di organizzazione diversa da
quella del responsabile del reato
La Corte di Cassazione tramite la sentenza n. 18413 depositata il 10
maggio 2022 ha stabilito la non applicabilità dell’articolo 25-septies del Dlgs
231/2001 in materia di infortuni sul lavoro nel caso in cui la colpa di
organizzazione, cioè la mancata adozione o rispetto degli standard di
sicurezza previsti, non sia rigorosamente provata oppure sia confusa con la
colpevolezza del responsabile del reato.
Il ricorso che ha portato alla sentenza è stato presentato da una SRL veneta,
condannata dal tribunale di Vicenza e dalla Corte d’appello di Venezia per la
violazione dell’articolo 25-septies, comma 3 del decreto legislativo n.
231/2001 a seguito dell’infortunio di un dipendente avvenuto nel 2011.
Secondo tale decreto la società è responsabile per i reati commessi nel suo
interesse o a suo vantaggio, sia da persone con funzioni di rappresentanza,
direzione o amministrazione, sia da persone che si trovano sotto la loro
sorveglianza.
La Cassazione ha accolto il ricorso presentato, in quanto il modello di
organizzazione e gestione (ex Dlgs n. 231/2001), cioè il modello
organizzativo adottato con lo scopo di prevenire la responsabilità, se assente
o inefficace non costituisce di per sé un illecito dell’ente, mentre lo sono:
“oltre alla compresenza della relazione organica e teleologica tra il soggetto
responsabile del reato presupposto e l’ente, la colpa di organizzazione, il
reato presupposto ed il nesso causale che deve correre tra i due.”
Di conseguenza, in riferimento ai casi di omicidio colposo o infortunio grave
sul lavoro (art. 25-septies), ciò che riguarda l’equipaggiamento o il controllo
dei macchinari ricade sotto la responsabilità del datore di lavoro. La colpa
dell’amministrazione, però, di per sé non è assimilabile alla colpa di
organizzazione, che invece definisce la responsabilità dell’ente.
Sicurezza sul lavoro: la colpa di organizzazione va
rigorosamente provata
In questo senso, per determinare la responsabilità dell’ente, il fine della
condotta del singolo deve essere la conseguenza di un preciso assetto
organizzativo negligente dell’impresa e non di un atteggiamento soggettivo.
“Ne consegue che, nell’indagine riguardante la configurabilità dell’illecito
imputabile all’ente, le condotte colpose dei soggetti responsabili della
fattispecie criminosa (presupposto dell’illecito amministrativo) rilevano se
riscontrabile la mancanza o l’inadeguatezza delle cautele predisposte per la
prevenzione dei reati previsti dal d.lgs. n. 231/01.”
Queste carenze organizzative, se riscontrate, giustificano l’imputazione del
reato all’ente.
“Ciò rafforza l’esigenza che la menzionata colpa di organizzazione sia
rigorosamente provata e non confusa o sovrapposta con la colpevolezza del
(dipendente o amministratore dell’ente) responsabile del reato.”
Secondo la Cassazione, la Corte territoriale non ha fornito abbastanza
chiarimenti riguardo l’esistenza di una colpa di organizzazione dell’ente, né se
questa sia stata la causa diretta che ha portato all’incidente.
La sentenza presentata, continua la Corte, ha offerto una lettura dell’art.
25-septies non ammissibile, per cui la conseguenza indisputabile della
dimostrazione dell’esistenza del reato e delle motivazioni non soggettive della
persona sarebbe la responsabilità dell’ente.
Inoltre, all’organismo di vigilanza vengono dati compiti di gestione della
sicurezza, che non rientrano tra gli incarichi assegnati dal Dlgs n. 231/2001,
cioè di sorvegliare e verificare regolarmente la funzionalità e il rispetto dei
modelli organizzativi.
La sentenza, dunque, accoglie il ricorso dell’azienda rinviando la causa al
giudice di merito che si dovrà attenere ai principi indicati.
Allegato: Corte di Cassazione – Sentenza n. 18413 del 2022

FONTE – INFORMAZIONE FISCALE

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.