Perché non si può fare a meno delle accise sui carburanti

Perché non si può fare a meno delle
accise sui carburant
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di Michele Masulli e Antonio Sileo
In tutta la Ue, non solo in Italia, le accise sui carburanti sono una
importante fonte di entrate statali. La Commissione pensa di agire su di
esse per raggiungere gli obiettivi ambientali. In ogni caso è poco
realistico pensare di rinunciarvi del tutto.
Accise in prima pagina
Da inizio anno le accise non più scontate sono state protagoniste sui mezzi di
informazione, che sovente paiono concentrarsi (troppo) su una sola notizia, e
nel dibattito politico, che altrettanto spesso pare inseguire l’attualità.
Un polverone che probabilmente si sarebbe potuto evitare semplicemente
applicando maggior gradualità alla riduzione del notevole ed emergenziale
taglio disposto dal governo Draghi e che di fatto ha portato al primo scontro
tra il nuovo governo e una parte sociale, come dimostra la serrata di due
giorni indetta dai gestori degli impianti di distribuzione dei carburanti.
Giova, a tal proposito, ricordare che il completo superamento del regime dei
prezzi amministrati, dopo il passaggio alla sorveglianza del Cip (Comitato
interministeriale prezzi) iniziato nel settembre 1991, risale al 1994.
Ed è utile anche rammentare che non esistono componenti anacronistiche
delle accise (guerra di Etiopia, peraltro già azzerata nel 1936, crisi di Suez,
disastro del Vajont, alluvione di Firenze e così via), ma che dalla natura di
“imposte armonizzate” delle accise deriva una disciplina complessa e
stratificata, costituita da norme comunitarie e nazionali, contenuta
principalmente nel Testo unico del 1995 e nelle successive modificazioni. Da
quasi trent’anni, dunque, la tassazione dei carburanti è definita in modo
unitario e indifferenziato e il gettito che ne deriva finanzia il bilancio statale nel
suo complesso, non in specifiche attività. Ciò non toglie che i governi che si
sono succeduti non abbiano aumentato le aliquote con motivazioni
“specifiche”, quasi sempre con una sola indicazione nominale più che con la
costituzione di un fondo dedicato. Aumenti che se non vengono cancellati,
finiscono inglobati nel totale richiesto.
Paese che vai, accisa che trovi
Le accise non sono una particolarità italiana, ma sono un’imposta indiretta
presente in tutti gli stati dell’Unione europea. È la direttiva 2003/96/Ce a
fissare i livelli minimi di imposizione applicabili ai carburanti che oggi è
soggetta a revisione nell’ambito del Pacchetto Fit for 55, che intende allineare
le politiche europee agli obiettivi di neutralità climatica. L’orientamento della
Commissione è di passare da una tassazione basata sul volume a una
fondata sul contenuto energetico, introducendo una classificazione delle
aliquote in base alle loro prestazioni ambientali. Secondo questa
impostazione, ai combustibili fossili convenzionali, come il gasolio e la
benzina, sarebbe applicata l’aliquota massima. In questo modo, la benzina, a
cui oggi è imposta l’aliquota minima più elevata, recupererebbe la posizione di
svantaggio (fiscale) rispetto al gasolio. Via via, le aliquote sui carburanti
andrebbero riducendosi, sulla base dell’impatto ambientale, passando dal Gpl
e dal metano per arrivare al minimo, rappresentato dai combustibili rinnovabili
di origine non biologica e ai biocarburanti avanzati e sostenibili.
Leggi anche: Cosa fare contro la povertà energetica
Se è vero, pertanto, che livelli minimi di tassazione sono fissati in sede
europea, la rilevanza che assumono negli stati Ue varia in misura significativa
e l’Italia è quello con le aliquote più alte. A gennaio 2023, con 0,728 euro al
litro, il nostro paese ha l’aliquota più alta sia sulla benzina sia sul gasolio,
0,617 €/litro (figura 1). La media dell’Ue si attesta invece a 0,603 sulla benzina
e a 0,479 sul diesel, mentre il massimo storico italiano è del 2014 con 0,73
€/litro per la benzina.
Bisogna poi aggiungere l’Iva, che curiosamente viene calcolata anche
sull’accisa. Se sommiamo accise e imposta sul valore aggiunto, l’Italia si
conferma tra i paesi Ue a imposizione più elevata. Risulta prima per carico
fiscale sul diesel, con complessivi 0,954 €/litro (figura 2), e terza per la
benzina (1,055 €/litro), dopo Finlandia e Grecia. La media continentale per i
due prodotti si attesta rispettivamente a 0,881 e 0,768 euro per litro.
Nessuno incassa più dell’Italia dai carburanti
Nel complesso, emerge come la componente fiscale rappresenti il 58 per
cento del prezzo alla pompa della benzina e il 51 per cento di quello del diesel
(figura 3). Valori che mettono l’Italia al primo posto tra i paesi dell’Unione per
entrambi i carburanti: davanti alla Grecia per la benzina, ex aequo con la
Francia per il gasolio.
Se poi si considera che la materia prima costituisce, rispettivamente, un
ulteriore 33 e 40 per cento, il margine lordo su cui l’operatore può agire per
modificare il prezzo alla pompa è pari al 9 per cento per entrambi i prodotti.
Peraltro, è impiegato anche per coprire costi derivanti da obblighi di legge (si
pensi alla miscelazione dei biocarburanti), oltre che per remunerare i passaggi
lungo la filiera.
Le accise sui carburanti, non solo in Italia, hanno un’incidenza tutt’altro che
trascurabile sulle entrate degli stati, con un ruolo molto rilevante nel campo
delle imposte sui consumi energetici. Queste ultime hanno prodotto 263
miliardi di euro di gettito nel 2018, più del Pil del Portogallo, con una crescita
del 23 per cento rispetto al 2008. Il trasporto su strada ne costituisce il 60 per
cento, seguito dal comparto residenziale (15 per cento) e dai servizi (12 per
cento).
Un’entrata facile e rilevante, difficile rinunciarvi
I tre quarti del gettito sono garantiti proprio dalle accise, che costituiscono il
100 per cento delle entrate dalle imposte sui consumi energetici in 13 stati
membri. Secondo elaborazioni del ministero dell’Economia e Finanze, nel
2019 – l’ultimo anno prima delle limitazioni e dei rimbalzi causati dalla
pandemia – le imposte sui carburanti per autotrazione hanno garantito ai
paesi Ue 170 miliardi di euro. Per gettito, con 26,2 miliardi di euro, l’Italia si
colloca al terzo posto. dopo Germania (36,7 miliardi) e Francia (31,3), pur
avendo un parco automobilistico più vasto e aliquote più alte di quest’ultima.
Fatto che ci porta a dire che gli italiani usano meno l’auto dei francesi.
Leggi anche: L’evasione non è mai innocente*
Nonostante aliquote tra le più elevate di Europa, in proporzione alla
tassazione totale, l’incidenza dell’imposizione sui carburanti risulta nel nostro
paese relativamente contenuta. Costituisce il 3,5 per cento circa della
imposizione totale, comunque superiore alla media Ue (3,1 per cento) così
come lo è nel rapporto rispetto al Pil: quasi l’1,5 per cento in Italia, l’1,2 per
cento nell’Unione.
Il fatto che il nostro gettito da accise rappresenti una quota inferiore degli
aggregati fiscali ed economici rispetto ad altri paesi non implica che si possa
fare a meno dell’imposizione sui carburanti, tutt’altro. Negli ultimi venti anni, le
accise sui carburanti hanno assicurato una percentuale pressoché stabile sul
totale della tassazione e hanno garantito stabilmente tra i 20 e i 26 miliardi di
entrate (ad eccezione del 2022, anno dello sconto del governo Draghi). Per
dare un’idea, è un volume di risorse ben superiore a quello impegnato per
sostenere importanti politiche di spesa: dall’istruzione universitaria alle
politiche per l’infanzia e la famiglia, dalle politiche per il lavoro a quello che era
il reddito di cittadinanza.
Per questo – anche senza fare nessuna considerazione di carattere
ambientale – se è vero che si può pensare a una revisione al ribasso delle
aliquote, compatibilmente con le soglie minime definite dall’Ue, dovrebbe
essere altrettanto chiaro che lo spazio di bilancio per sostituire il carico fiscale
delle accise non è certo di facile individuazione.
Anzi, benché ancora poco apprezzate dai consumatori, bisognerà iniziare a
pensare a come tassare le automobili elettriche. E, ancor prima, a come
destinare più efficacemente parte del gettito al miglioramento del manto
stradale: un problema di sicurezza oltreché di (evitabile) inquinamento.
fonte: LAVOCE.IT

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