LAVORO E RETRIBUZIONI – Salario minimo accordo in Europa: cambiano gli stipendi in Italia?

Salario minimo_accordo in Europa:
cambiano gli stipendi in Italia?


Fissati i criteri per il calcolo ma non l’obbligo ad adottarlo. Maggiori
dettagli verranno illustrati in una conferenza stampa in programma a
Strasburgo
Nei giorni si è raggiunta l’intesa provvisoria tra Consiglio e Parlamento
europeo sul salario minimo: “Una volta adottata definitivamente – viene
chiarito nella nota ufficiale la legge promuoverà l’adeguatezza dei salari
minimi legali e contribuirà a raggiungere condizioni di lavoro e di vita
dignitose per i dipendenti europei”. I paesi membri avranno due anni di
tempo per recepire la direttiva nel diritto nazionale.
Ue, accordo su salario minimo
Adesso l’accordo dovrà essere confermato dal Coreper – Comitato dei
rappresentanti permanenti, un organo del Consiglio dell’Unione europea –
una volta approvato, votazione formale sia in Consiglio che al Parlamento
europeo. Maggiori dettagli verranno illustrati in una conferenza stampa in
programma questa mattina a Strasburgo
In dettaglio, la direttiva stabilisce procedure per l’adeguatezza del salario
minimo legale, “promuove la contrattazione collettiva sulla determinazione
del salario e migliora l’accesso effettivo alla protezione del salario minimo
per quei lavoratori che hanno diritto a un salario minimo ai sensi del diritto
nazionale, ad esempio da un salario minimo legale o da contratti collettivi”.
Cosa prevede
La direttiva chiama gli Stati membri con salari minimi legali a mettere in atto
“un quadro procedurale per fissare e aggiornare questi salari minimi
secondo una serie di criteri chiari”. Gli aggiornamenti dei salari minimi,
avverranno almeno ogni due anni (o al massimo ogni quattro anni per quei
paesi che utilizzano un meccanismo di indicizzazione automatica).
Poiché la contrattazione collettiva sulla determinazione dei salari “è uno
strumento importante per garantire che i lavoratori possano beneficiare di
salari minimi adeguati”, si mira ad estendere la copertura dei lavoratori,
attraverso la contrattazione collettiva.
Stipendi, cosa cambia in Italia?
Il provvedimento era molto atteso in Italia – il ministro del Lavoro Andrea
Orlando lo ha definito “un assist per i lavoratori” – dove il dibattito politico
sul tema si è riacceso in questi ultimi giorni fino a creare qualche tensione
all’interno della maggioranza e del governo.
A Bruxelles, intanto ,sono certi che l’impatto della direttiva non sarà
“negativo per la creazione dei posti di lavoro e per l’occupazione”, come ha
già avvertito il commissario Ue al Lavoro Nicolas Schmit, ricordando che
dopo l’introduzione in Germania l’occupazione è anzi aumentata e che
nell’Ue non saranno comunque previsti massimi e minimi salariali. La
direttiva punterà invece, secondo quanto già chiarito, a istituire un quadro
per fissare salari minimi ‘adeguati ed equi’.
L’Italia è tra i sei Paesi dell’Ue a non avere già una regolamentazione in
materia, con un dibattito del tutto aperto tra le parti sociali e all’interno del
governo stesso. L’idea delle tre istituzioni europee nell’accordo è di
rispettare le diverse tradizioni di welfare dei Ventisette, arrivando però a
garantire “un tenore di vita dignitoso”, a ridurre le disuguaglianze e a
mettere un freno ai contratti precari e pirata. Come detto, si mira poi a
“rafforzare il ruolo delle parti sociali e della contrattazione collettiva”.
Oltre all’Italia il salario minimo non è stato istituito anche in Austria, Cipro,
Danimarca, Finlandia, Svezia. Dove invece è già previsto, stando agli ultimi
dati Eurostat, viaggia tra i 332 euro mensili della Bulgaria e i 2.257 euro del
Lussemburgo. In Germania è pari a 1.621 euro.
Le reazioni
Proprio qualche ore fa, il segretario della Cgil Maurizio Landini ha invitato a
non ascoltare l’Europa “solo quando ci dice di tagliare le pensioni o
cancellare l’articolo 18 o tagliare la spesa sociale. Se finalmente tutta
l’Europa si rende conto che salari bassi e lavoratori precari senza diritti
mettono in discussione tenuta social, bisogna ascoltarla”.
“Abbiamo un problema drammatico di lavoro povero”, la denuncia del
segretario del Partito democratico Enrico Letta: “Noi siamo a favore del
salario minimo, nella logica della direttiva Ue. Il salario minimo serve a
togliere il più possibile dal tavolo le fattispecie di lavoro povero”
Per il vice presidente di FI Antonio Tajani invece “si rischia di abbassare gli
stipendi piuttosto che aumentarli”. Mentre per la leader di FdI Giorgia
Meloni è “un’arma di distrazione di massa“, quando andrebbe tagliato il
cuneo fiscale. Il leader dei Cinque Stelle Giuseppe Conte ha definito
“indegno” cercare di rimuovere il reddito di cittadinanza, “anzi dobbiamo
lavorare per allargare il fronte – ha ribadito – introducendo anche il salario
minimo”.


Salario minimo_quanto si guadagna negli
Stati dove è legge


Salario minimo, mentre in Italia si continua a discutere, cosa
succede nel resto d’Europa? Quanto si guadagna dove è legge?
Ricerche, dati e analisi a confronto
La Commissione europea, martedì 7 giugno 2022, ha accolto con favore
l’accordo politico raggiunto tra il Parlamento europeo e gli Stati membri
dell’UE sulla direttiva sui salari minimi “adeguati”, proposta dalla Commissione
già nell’ottobre 2020.
La promessa fatta dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen,
all’inizio del suo mandato, è stata mantenuta. Lei stessa infatti, durante il suo
primo discorso sullo stato dell’Unione nel 2020, aveva parlato della necessità
di introdurre uno strumento giuridico per garantire che i lavoratori nell’UE
avessero tutti un salario minimo equo.
L’impegno preso, quindi, è stato rispettato.
Salario minimo, cosa prevede l’accordo UE
La nuova direttiva UE (qui per sapere cosa prevede l’accordo sui salari)
detta nuove regole per “l’adeguatezza del salario minimo legale”,
promuovendo di fatto la contrattazione collettiva sulla determinazione del
salario e migliorando l’accesso effettivo dei lavoratori alla protezione garantita
dal salario minimo valido per tutti i Paesi dell’Unione. Al contrario di quello che
molti hanno pensato e dedotto (erroneamente) in questi giorni, specie quando
il dibattito si è fatto più acceso, non stabilisce uno stipendio minimo per tutti.
Il nuovo sistema, infatti, terrà conto del pieno rispetto delle competenze
nazionali nonché dell’autonomia delle parti sociali. E non richiede agli Stati
membri di introdurre salari minimi legali, né stabilisce un livello minimo
comune in tutta l’UE. Semplicemente, vuole promuovere un nuovo approccio,
invitando gli Stati ad adeguarsi.
Infatti, gli elementi principali della Direttiva europea sono:
● un quadro per la definizione e l’aggiornamento delle retribuzioni minime
obbligatorie, pertanto gli Stati membri con retribuzioni minime
obbligatorie dovranno mettere in atto governance per la fissazione e
l’aggiornamento delle retribuzioni minime (tenendo conto di fattori come
il potere d’acquisto, il costo della vita, la distribuzione e il tasso di
crescita dei salari e la produttività nazionale);
● promuovere e facilitare la contrattazione collettiva sui salari;
● miglioramento del monitoraggio e dell’applicazione della protezione del
salario minimo, ovvero maggiori controlli maggiori controlli per evitare
che ci siano casi di sfruttamento e compensi e salari al di sotto del
minimo sindacale.
Gli Stati membri a tal proposito dovranno raccogliere dati sulla copertura e
sull’adeguatezza del salario minimo e garantire che i lavoratori possano
accedere alla risoluzione delle controversie e avere il diritto di ricorso, affinché
i lavoratori beneficino effettivamente dell’accesso alla protezione del
trattamento minimo garantito dal legislatore.
Salario minimo: qual è la situazione in Italia
Il salario minimo esiste in tutti gli stati membri dell’Unione europea. In Italia, in
particolare, il compito di determinare il livello minimo spetta però alla legge e
alla contrattazione collettiva. Questo vuol dire, in pratica, che una volta
percepita la direttiva UE, sarà il governo a decidere con quali strumenti e
attraverso quali disposizioni metterla in pratica. Per esempio, se Bruxelles
dice di rivedere la normativa sugli stipendi, saranno poi gli organi preposti a
stabile come (se con aumenti sul cedolino o con un taglio del cuneo fiscale,
qui l’approfondimento), ma anche di quanto e da quando.
Secondo una stima dell’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche
Pubbliche (INAPP), prima dell’introduzione del salario minimo in Italia, nel
2014, l’11,3% dei lavoratori (quasi 4 milioni) erano pagati meno di 8,50 euro
l’ora. Questi erano in prevalenza donne, lavoratori poco qualificati e con
scarsa formazione, impiegati in piccole aziende e/o tramite ‘minijobs’.
Nell’aprile 2015, quattro mesi dopo l’introduzione del salario minimo
nazionale, il numero di lavoratori sotto i 8,50 euro l’ora di salario era sceso a
1,4 milioni.
Nonostante l’introduzione del salario minimo nazionale, tuttavia, la quota di
lavori poco retribuiti è rimasta praticamente invariata e pari al 23%.
L’introduzione del salario minimo nazionale, inoltre, non ha determinato alcun
cambiamento nel tasso annuo di crescita del numero di occupati. È questo
tipo di criticità che la direttiva UE cerca di eliminare.
Ma mentre il governo italiano continua a discuterne, cosa succede nel resto
d’Europa? Quanto si guadagna dove è legge?
Gli effetti del salario minimo sugli stipendi: quanto si guadagna
negli Stati dove è legge
Secondo i dati Openpolis, in UE 21 paesi hanno un salario minimo nazionale.
L’entità del salario minimo, negli stati in cui esiste, è piuttosto variabile. Il
range va dai 332 euro al mese in Bulgaria ai 2.202 euro in Lussemburgo.
L’analisi si basa sui dati Eurostat, aggiornati al 2021.
Ad registrare gli importi più bassi sono i paesi baltici e quelli dell’Europa
orientale e centrale, seguiti dagli stati dell’Europa meridionale. Mentre gli
importi più alti, coerentemente con gli standard per i salari in generale e con il
costo della vita, risultano quelli delle nazioni dell’Europa settentrionale e
occidentale.
Sono però i paesi dell’Europa orientale ad aver registrato il miglioramento più
considerevole negli ultimi 10 anni. Prima tra questi la Romania (con un
incremento pari all’11,1%). Il miglioramento è stato invece più contenuto nei
paesi dell’Europa nord-occidentale. Ma fatta eccezione per la Grecia, che
negli ultimi 10 anni ha registrato un calo pari all’1,4%, i salari minimi sono
aumentati in tutti i paesi che ne sono forniti.
È anche vero che negli stati dell’Europa orientale, che pure hanno fatto passi
avanti notevoli in questo senso negli ultimi anni, sono ancora molti i lavoratori
che guadagnano esattamente l’equivalente del salario minimo. In Slovenia,
Bulgaria, Romania e Polonia, ma anche in Francia, questa quota nel 2018 era
superiore al 10% della popolazione occupata. Mentre in Belgio e Spagna non
arrivava al 2%.
Tuttavia, sottolinea l’analisi di Openpolis: “Ancora molte persone, pur
lavorando, vivono in condizioni di povertà […] Quello dei cosiddetti lavoratori
poveri è infatti un fenomeno rilevante e diffuso in molti paesi del continente
europeo […] Rispetto alla disoccupazione, che è un problema relativo
all’offerta di lavoro o alla difficoltà a trovare un impiego, la povertà tra i
lavoratori ha a che fare con la qualità delle condizioni lavorative e della loro
regolamentazione.
L’Italia è il quarto paese Ue per povertà tra i lavoratori, con uno stipendio
medio in Italia è di 21.462,62 euro l’anno. Al terzo posto c’è il Lussemburgo
con 2.141,99 euro al mese. Al secondo la Spagna con 1.050,00 euro al mese
e al primo la Romania 466,23 euro al mese. Interessante notare come, dati
alla mano, non sempre uno stipendio alto è sinonimo di benessere sociale e
economico. In Bulgaria, per esempio, dove lo stipendio medio è di 300/400
euro al mese circa, la quota di lavoratori poveri è minore rispetto a
Lussemburgo e Italia (sul podio), anche se comunque stiamo parlando di una
fetta importante di popolazione (tanto da far “conquistare” alla nazione
comunque un posto tra le prime dieci, nono per la precisione).
fonte: QUIFINANZA

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