INPS – Pensioni 2022: tutte le risposte ai dubbi più frequenti

Pensioni 2022: tutte le risposte ai dubbi
più frequenti

Tutte le risposte alle domande più frequenti in tema di pensioni: dal
calcolo dell’importo a quando si può andare in pensione anticipata
In tema di pensioni i dubbi sono sempre tanti, per via delle tante regole e delle
riforme del sistema previdenziale che si sono susseguite negli anni,
cambiando l’età e i requisiti per potersi ritirare dal mondo del lavoro. Ad oggi,
è prevista la pensione di vecchiaia per la generalità dei lavoratori assicurati
con previdenza obbligatoria e molteplici possibilità di pensione anticipata, da
quella ordinaria a formule agevolate (APe Sociale, isopensione, Quota 102,
pensione usuranti e precoci, Opzione Donna e così via).
Vediamo dunque di dare una risposta alle domande più frequenti che i lettori
di PMI.it pongono alla nostra redazione sul tema pensioni.
Quanti anni di contributi servono per andare in pensione?
Alla pensione di vecchiaia si accede con 67 anni di età (dal 2023 l’età
aumenterà di tre mesi) e almeno 20 anni di contributi per la generalità dei
lavoratori.
Per alcune categorie di lavoratori sono previsti requisiti contributivi ridotti:
● 15 anni di contributi per i quindicenni che possono ancora
accedere alla deroga Amato;
● 5 anni di contributi per chi ha compiuto i 71 anni e rientra
interamente nel regime contributivo (contributi versati dopo il
1995).
Per accedere alla pensione anticipata ordinaria, l’anzianità contributiva
richiesta fino al 2026 – per via del congelamento degli adeguamenti alle
aspettative di vita – è pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10
mesi per le donne.
Con l’APe Sociale vengono richiesti almeno 30/36 anni di contributi (in base
alla categoria) a patto di aver compiuto almeno 63 anni di età. I precoci che
rientrino anche nelle categorie tutelate dall’APe Social (disoccupati, caregiver,
invalidi, gravosi e usuranti) possono andare in pensione anticipata,
indipendentemente dall’età, con 41 anni di contributi.
I lavoratori con mansioni usuranti o gravose e le donne che scelgono
Opzione Donna accedono alla pensione anticipata con 35 anni di contributi
versati. Con la Quota 102 servono invece almeno 38 anni di anzianità
contributiva (e 64 di età).
Come calcolare la pensione?
Per capire come si calcola la pensione dobbiamo distinguere tra calcolo
dell’età pensionabile e calcolo dell’ammontare della pensione stessa.
Come si calcola l’età pensionabile?
Per calcolare l’età pensionabile, ovvero il momento in cui si perfezioneranno
i requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia, anticipata o agevolata,
bisogna tenere conto dell’età anagrafica del lavoratore e degli anni di
contributi versati, nonché delle regole previste dalla normativa in vigore per
l’accesso alla pensione.
Come si calcola l’assegno pensionistico?
Per stimare l’ammontare dell’assegno previdenziale è indispensabile
conoscere il montante contributivo, ovvero l’importo complessivo dei
contributi versati durante la propria carriera lavorativa, rivalutati sino al
momento della liquidazione della pensione. Questo parametro è chiaramente
di fondamentale importanza nel calcolo delle pensioni che rientrano nel
sistema contributivo pro rata che ricordiamo si applica dal 1995. A chi
aveva maturato almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 si applica il
sistema retributivo fino al 31 dicembre 2011 e poi contributivo. Chi al 31
dicembre 1995 lavorava ma non aveva maturato 18 anni di contributi vedrà
applicarsi il sistema misto, ossia retributivo fino al 31 dicembre 1995 e poi
contributivo.
Come si determina il montante contributivo?
Per determinare il montante individuale contributivo bisogna tenere conto
della base imponibile annua corrispondente ai periodi di contribuzione
obbligatoria, volontaria, figurativa, da riscatto e da ricongiunzione di ciascun
anno e del totale dei contributi versati in ciascun anno, calcolati
moltiplicando la base imponibile annua per l’aliquota di computo:
● del 33% per i periodi di contribuzione da lavoratore dipendente;
● del 24% per i periodi di contribuzione da lavoratore autonomo;
● dal 24% al 33% per gli iscritti alla gestione separata INPS.
Il montante individuale si calcola sommando l’ammontare dei contributi di
ciascun anno, rivalutato annualmente sulla base del tasso di capitalizzazione
risultante dalla variazione media quinquennale del PIL calcolata dall’ISTAT
con riferimento al quinquennio precedente l’anno da rivalutare.
Come si calcola l’importo dell’assegno previdenziale nel sistema
contributivo?
Per passare dal montante contributivo individuale alla rendita pensionistica
bisogna moltiplicare il montante contributivo complessivo per il coefficiente di
trasformazione legato all’età anagrafica in cui si esce e quindi dividere tale
importo della pensione lorda annua per 13 mensilità, ottenendo la pensione
lorda mensile.
Come si calcola l’importo dell’assegno previdenziale nel sistema
retributivo?
Il calcolo della pensione con il sistema retributivo si divide in due quote:
● quota A, calcolata sulle retribuzioni relative alle ultime 260
settimane di attività lavorativa dipendente o sulle ultime 520
settimane da lavoro autonomo e moltiplicata per il numero di
settimane accreditate dall’inizio dell’attività lavorativa fino al 31
dicembre 1992;
● quota B, calcolata sulle retribuzioni relative alle ultime 520
settimane di attività lavorativa dipendente o sulle ultime 780
settimane da lavoro autonomo e moltiplicata per il numero di
settimane accreditate dal 1° gennaio 1993 alla data di decorrenza
della pensione.
La retribuzione media settimanale (rms) si ottiene dividendo per 260 la
somma della retribuzione complessiva (rc) e la rivalutazione (riv) su base
ISTAT:
● rms = (rc + riv) / 260 (o 520)
La quota A si calcola quindi moltiplicando la retribuzione media settimanale
per il numero delle settimane fatte valere tra l’inizio dell’assicurazione e il 1°
gennaio 1993 (n1) e per per la corrispondente aliquota di rendimento (ar):
● qA = rms * n1 * ar
L’aliquota di rendimento è pari al 2% annuo della retribuzione/reddito percepiti
entro determinati limiti, decresce per fasce di importo superiore. Se la
retribuzione pensionabile non supera tale limite, con 35 anni di anzianità
contributiva la pensione è pari al 70% della retribuzione, con 40 anni è pari
all’80%.
La quota B (qB) si calcola in modo del tutto analogo, sostituendo a 260 (o 520
per gli autonomi), 520 settimane (o 780). L’ammontare della pensione lorda
mensile (P) si calcola quindi come somma delle due quote:
● P = qA + qB
Quanto prenderò di pensione con 35 anni di contributi?
Come spiegato al punto precedente, l’ammontare della pensione non dipende
esclusivamente dal numero di anni contributivi che il futuro pensionato può
vantare, ma anche da altri elementi variabili a seconda della specifica carriera
lavorativa.
Facciamo tuttavia un esempio pratico per capire a quanto potrebbe
ammontare la pensione con 35 anni di contributi. Consideriamo un
lavoratore con una RAL di 30mila euro, ipotizzando che questa sia rimasta
costante nel tempo e che di questi 35 anni ve ne siano 15 che cadono nel
periodo retributivo e 10 in quello contributivo. Se il lavoratore va in pensione di
vecchiaia, a 67 anni, la quota retributiva ammonta a circa 9mila euro, quella
contributiva a 11mila euro, arrivando così ad una pensione lorda annuale di
circa 20mila euro.
Per capire quanto possa differire l’assegno previdenziale, a parità di contributi,
a seconda della propria carriera lavorativa, prendiamo il caso di una
lavoratrice che scelga Opzione Donna, accettando dunque il calcolo
interamente contributivo della pensione. Ipotizzando anche qui una RAL di
30mila euro, applicando il metodo di calcolo contributivo si ottiene un
pensione lorda annua di circa 14.860 euro.
Chi ha iniziato a lavorare a 16 anni quando va in pensione?
Chi inizia a lavorare e a versare contributi 16 anni di età rientra nella
definizione di lavoratore precoce. I “precoci” sono infatti quei lavoratori che
sono entrati nel mondo del lavoro prima del compimento della maggiore età
(almeno 12 mesi di contributi versati prima dei 19 anni).
I lavoratori precoci, quindi anche chi ha iniziato a lavorare a 16 anni, oggi
possono accedere alla pensione con Quota 41, ovvero con 41 anni di
contributi senza requisito anagrafico, se rientrano in una delle categorie di
soggetti ammessi all’APe Sociale. Fino al 2026 sono bloccati gli scatti legati
all’aspettativa di vita. Per ritirarsi effettivamente dal lavoro, i precoci devono
aspettare tre mesi di finestra mobile.
Chi ha 42 anni di contributi può andare in pensione?
Chi ha 42 anni di contributi può andare in pensione, indipendentemente
dall’età se è una donna (pensione anticipata ordinaria), un lavoratore precoce
(Quota 41), o se possiede i requisiti anagrafici richiesti per tutte le altre
formule di pensionamento che richiedono meno di 42 anni di contributi, ad
esempio se ha compiuto i 67 anni di età (pensione di vecchiaia) o è un
lavoratore che ha svolto mansioni usuranti o gravose. Aspettando ancora 10
mesi, quindi raggiungendo i 42 anni e 10 mesi, la pensione anticipata
ordinaria diventa accessibile senza penalizzazioni anche ai dipendenti uomini,
indipendentemente dall’età.
Cosa è l’APe sociale?
L’APe Social è un tipo di pensione anticipata agevolata senza penalizzazioni
e a costo zero per il lavoratore. Introdotta dalla Legge di Bilancio nel 2017
(comma 179 della legge 232/2016), l’APe Sociale si pone l’obiettivo di
tutelare specifiche categorie di lavoratori che possono ritirarsi in anticipo
rispetto alle regole della Legge Fornero.
Chi ha diritto all’APe?
Si tratta in particolare di:
● disoccupati involontari senza sussidio (NASpI) da almeno tre
mesi;
● caregiver per assistenza da almeno sei mesi del coniuge o
partner in unione civile, oppure di un parente di primo grado
convivente;
● disabili pari almeno al 74%;
● addetti a lavori gravosi da almeno sei anni nell’arco degli ultimi
sette anni.
In generale vengono richiesti almeno 30 anni di contributi, ma per i lavoratori
che svolgono lavori gravosi ne servono almeno 36 anni.
Quanto si prende di pensione con APe social?
In generale, l’importo è pari all’importo della rata mensile di pensione calcolata
al momento dell’accesso alla prestazione, tuttavia va ricordato che l’importo
dell’anticipo pensionistico APe non può superare i 1.500 euro mensili.
Cos’è la pensione di reversibilità?
La pensione di reversibilità, o pensione ai superstiti, è una prestazione
erogata dall’INPS su richiesta dell’interessato avente diritto in caso di
decesso del pensionato (pensione di reversibilità) o dell’assicurato (pensione
indiretta) in favore dei familiari superstiti.
Chi ha la pensione di reversibilità deve fare il RED?
Il RED è una dichiarazione reddituale che deve essere presentata all’INPS
annualmente da parte dei pensionati titolari di prestazioni collegate al reddito
come integrazione al minimo, pensioni di reversibilità, assegni al nucleo
familiare, maggiorazione sociale. Ma non sempre in questi casi è necessario
presentare il RED.
Deve presentare il RED in caso di pensione di reversibilità:
● chi presenta il 730 o il modello Redditi PF ma possiede anche
altri redditi che non vanno indicati in dichiarazione e/o è titolare di
pensioni estere e/o di reddito da lavoro autonomo;
● chi non presenta la dichiarazione dei redditi.
Come aumentare la pensione di reversibilità?
La pensione di reversibilità è pari ad una quota percentuale della pensione
del defunto (dante causa), applicando le seguenti percentuali:
● 100% coniuge e due o più figli o tre o più figli;
● 80%, coniuge e un figlio o due figli senza coniuge;
● 70%, solo un figlio;
● 60%, solo coniuge;
● 70%, solo un figlio;
● 30% due genitori o fratelli e sorelle;
● 15% per ogni altro familiare avente diritto, diverso dal coniuge,
figli e nipoti.
Alla morte del coniuge, quello superstite ha diritto a percepire la sua
percentuale di pensione di reversibilità che aumenta in presenza di figli, anche
in base a quanti figli sono presenti e al fatto che siano o meno disabili.
Esistono infatti dei limiti di reddito oltre i quali l’importo dell’assegno si riduce
o estingue:
● fino a 20.489,82 nessuna riduzione;
● fino a 27.319,76, riduzione del 25%;
● fino a 34.149,700, riduzione del 40%;
● oltre cinque volte il trattamento minimo, riduzione del 50%.
Un modo per aumentare la pensione di reversibilità è dunque quello di
abbassare il reddito del beneficiario, ad esempio il coniuge superstite. Va
inoltre ricordato che le riduzioni non si applicano se nel nucleo familiare sono
presenti figli minori, studenti o inabili.
Quando ci sarà la nuova Riforma pensioni?
Entro fine anno dovrebbe essere definita dal Governo una nuova Riforma
delle Pensioni, secondo quanto previsto dalla Direttiva generale 28/22 del
Ministero del Lavoro, in relazione agli obiettivi strategici e alla
programmazione per l’anno 2022. Tra i principali obiettivi della prossima
revisione del sistema previdenziale italiano c’è quello di trovare soluzioni
(eque e flessibili) che consentano di andare in pensione in modo più flessibile,
quindi introducendo nuovi strumenti per la pensione anticipata alternativi a
quelli ordinari (Legge Fornero).

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