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Il ciclo economico mondiale si è indebolito; l’inflazione è ulteriormente
cresciuta

Dall’inizio dell’anno l’attività economica globale ha mostrato segnali di rallentamento,
dovuti alla diffusione della variante Omicron del coronavirus e, successivamente,
all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. L’inflazione è ulteriormente salita
pressoché ovunque (al 7,5 per cento in marzo nell’area dell’euro), continuando a
riflettere i rialzi dei prezzi dell’energia e le strozzature dal lato dell’offerta. Gli effetti del
conflitto sui mercati finanziari globali sono stati significativi, seppure in parte rientrati
nelle ultime settimane. La volatilità è elevata in molti segmenti di mercato. La guerra
acuisce i rischi al ribasso per il ciclo economico mondiale e al rialzo per l’inflazione.
La BCE ha rivisto il profilo degli acquisti di titoli
Lo scorso marzo il Consiglio direttivo della Banca centrale europea ha valutato che il
conflitto avrà ripercussioni rilevanti sull’attività economica e sull’inflazione nell’area, e
ha annunciato che adotterà tutte le misure necessarie per garantire la stabilità dei
prezzi e quella finanziaria. Ha inoltre rivisto il profilo del programma di acquisto di
attività finanziarie per i prossimi mesi e annunciato che qualsiasi modifica dei tassi di
interesse di riferimento avverrà qualche tempo dopo la conclusione degli acquisti netti
e sarà graduale.
In Italia il PIL si sarebbe ridotto nel primo trimestre; l’inflazione è salita,
spinta da energia e alimentari
Nel primo trimestre del 2022 il PIL dell’Italia sarebbe diminuito, risentendo del rialzo
dei contagi all’inizio dell’anno e dell’andamento dei prezzi energetici, in un contesto
congiunturale di forte incertezza per gli sviluppi dell’invasione dell’Ucraina. La crescita
del numero delle posizioni lavorative si è affievolita in gennaio e febbraio. L’inflazione
ha raggiunto il 7,0 per cento in marzo, collocandosi sui livelli più alti dai primi anni
novanta; la componente di fondo resta su valori inferiori al 2 per cento.
Nel Bollettino sono descritti tre scenari sugli effetti della guerra in Ucraina
su PIL e inflazione in Italia
Le possibili conseguenze economiche del conflitto sono esaminate in tre scenari
illustrativi – piuttosto che previsioni – definiti sulla base di ipotesi alternative sui prezzi
delle materie prime, sul commercio internazionale, sulla fiducia di consumatori e
imprese e sulle disponibilità delle forniture di gas naturale. Nello scenario più
favorevole, che ipotizza una rapida risoluzione del conflitto e un significativo
ridimensionamento delle tensioni a esso connesse, la crescita del PIL sarebbe intorno
al 3 per cento nel 2022 e nel 2023. In quello intermedio, di prosecuzione della guerra,
il prodotto aumenterebbe di circa il 2 per cento in entrambi gli anni. Nello scenario più
severo, che presuppone anche una interruzione dei flussi di gas solo in parte
compensata da altre fonti, il PIL diminuirebbe di quasi mezzo punto percentuale sia
quest’anno sia il prossimo. L’inflazione nella media di quest’anno sarebbe pari al 4,0
per cento nel primo scenario, al 5,6 nel secondo e a poco meno dell’8 nel terzo; in
tutti e tre gli scenari si riporterebbe su valori intorno al 2 per cento nel 2023. Questo
ampio ventaglio di stime non tiene conto di possibili nuove risposte delle politiche
economiche, che saranno essenziali per contrastare le spinte recessive e le pressioni
sui prezzi derivanti dal conflitto.
Parte delle importazioni di gas russo potrebbe essere sostituita con altre
fonti
Nel 2021 il surplus di conto corrente è rimasto elevato, pur risentendo del
deterioramento della bilancia energetica. Dalla Russia proviene più di un quinto delle
importazioni italiane di input energetici, quasi la metà per il solo gas naturale.
Secondo valutazioni preliminari, l’eventuale interruzione dei flussi di gas russo
potrebbe essere compensata per circa due quinti entro la fine del 2022, senza
intaccare le riserve nazionali di metano, attraverso l’incremento dell’importazione di
gas naturale liquefatto, il maggiore ricorso ad altri fornitori e l’aumento dell’estrazione
di gas naturale dai giacimenti nazionali. Nel medio periodo sarebbe possibile
sostituire pienamente i flussi di gas russo con più cospicui investimenti sulle fonti
rinnovabili, oltre che mediante il rafforzamento delle importazioni da altri paesi.
Nel 2021 sono scesi significativamente il disavanzo e il debito pubblico in
rapporto al PIL
Lo scorso anno l’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche in rapporto al
PIL si è sensibilmente ridotto rispetto ai valori straordinariamente elevati del 2020.
Anche il peso del debito sul prodotto è diminuito. Alla fine di febbraio la Commissione
europea ha espresso una valutazione positiva sul conseguimento dei traguardi e degli
obiettivi previsti per il pagamento della prima rata dei fondi del Dispositivo per la
ripresa e la resilienza. Lo scorso 6 aprile il Governo ha approvato il Documento di
economia e finanza 2022. A fronte del miglioramento del quadro tendenziale dei conti
pubblici, gli obiettivi di indebitamento netto fissati lo scorso settembre sono stati
confermati. Nel 2022 il disavanzo e il debito si collocherebbero rispettivamente al 5,6
e al 147,0 per cento del PIL.
Allegato:
● Bollettino Economico n. 2 – 2022

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