Def di guerra, per la nuova
emergenza. Ecco la bozza, Pil in discesa
E’ il primo Def di guerra quello a cui lavora il Governo, che con tutta
probabilità dovrà riportare la crescita 2022 sotto la soglia psicologica del 4%.
Fitch ha tagliato le stime sul Pil italiano addirittura fino al 2,7%, l’Istat parla di
livelli pre-pandemici slittati a data non prevedibile, e l’Upb, l’Ufficio
parlamentare di bilancio, già a febbraio, quindi prima della guerra, lo vedeva al
3,9%. Un quadro che spinge il Governo ad anticipare a fine marzo il
Documento di economia e finanza, normalmente pubblicato verso la metà di
aprile, per fare il prima possibile il punto della situazione e capire che margini
ci sono per intervenire nuovamente a sostegno delle famiglie, delle imprese e
quindi della crescita.
La guerra come un macigno
L’entusiasmo di inizio anno per un Pil 2021 più alto delle aspettative, in grado
di spingere anche il 2022, si è presto spento con un primo trimestre rallentato
dal riacuirsi dei contagi della variante Omicron. E la guerra è piombata come
un macigno ad aggravare un quadro che già tendeva al ribasso, anche a
causa dell’inflazione che aveva spinto i prezzi energetici alle stelle e costretto
il Governo ad intervenire per tre volte. Finora, nonostante il pressing dei
partiti, e nonostante si siano messi in campo oltre 20 miliardi di euro, non si è
mai ricorsi all’extra-deficit.
Aziende a rischio
Ma ancora non è abbastanza per scongiurare il rischio che le aziende fermino
la produzione e che le famiglie non riescano a pagare le bollette più che
raddoppiate rispetto all’anno scorso. Si ragiona quindi sul prossimo intervento,
che arriverà dopo il nuovo quadro del Def su crescita, deficit e debito. E dopo
che l’Ue avrà dato il via libera – atteso questa settimana – al nuovo schema
che consente ai governi di dare aiuti di Stato alle imprese più esposte alle
conseguenze della guerra, perché energivore o perché hanno attività molto
collegate alla Russia e all’Ucraina o dipendono in modo particolare da alcune
materie prime.
La discesa del Pil
Nel Def il Governo dovrà tenere conto del calo della crescita in atto, e quel
4,7% di Pil previsto dalla Nadef per il 2022 sarà necessariamente rivisto al
ribasso. Già l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) aveva previsto a febbraio
la discesa al 3,9%, a causa di un primo trimestre debole compensato da una
ripresa in primavera. Ma questo era prima della guerra. Con lo scoppio del
conflitto “c’è stato un blocco rispetto alla speranza di ripresa”, la previsione
era di arrivare ad aprile al Pil pre-pandemia, “ma non sarà così”, ha detto il
presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo, ribadendo la stima dell’Istituto su
un possibile impatto negativo del conflitto di 0,7 punti di Pil. Con rischio che i
valori possano diventare “decisamente più grandi”, ma l’incertezza non
consente di fare previsioni. “Viviamo praticamente alla giornata”, ha detto,
definendo il livello dei prezzi “preoccupante”, soprattutto per le famiglie meno
abbienti.
Debito e Pil
“Non c’è nulla che faccia sperare che le cose possano migliorare”, ha
aggiunto. Anche Fitch, che ha rivisto al ribasso le stime sulla crescita globali,
gela le aspettative per l’Italia proprio a causa del conflitto. Le previsioni
vengono “significativamente” ridotte al 2,7%, a fronte del 4,3% atteso prima
dell’invasione dell’Ucraina. Anche l’inflazione viene rivista al rialzo, dal 2,1% al
3,1%, con ricadute sui consumi che saranno ridotti. Per l’agenzia di rating
l’economia italiana tornerà ai livelli pre-pandemia solo nel terzo trimestre del
- Difficile in questo contesto far calare il debito: secondo gli analisti di
Goldman Sachs, se il prezzo del gas resta su livelli elevati fino al primo
trimestre del 2023, il debito/Pil italiano resterà a lungo al 150%.
[Lo scenario] La crisi del gas finisce nel - Ecco come evolveranno i prezzi nei
prossimi mesi
La fine dell’anno segnerà un rientro graduale della crisi energetica, anche se il
gas si manterrà sui livelli attuali di 100 euro/MWh. Lo ha riferito il presidente
dell’Arera (l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente), Stefano
Besseghini, nel corso di un’audizione presso la commissione Attività
produttive della Camera.
Prezzi alti del gas, ma rientro entro il 2024
“Le quotazioni forward dei prodotti energetici prefigurano un rientro graduale
della crisi fra la fine del 2022 e il 2024 ma, presumibilmente, i prezzi del gas
naturale sono destinati a mantenersi più alti della media storica degli ultimi
anni”, ha detto Besseghini.
“Le attuali quotazioni dei prodotti forward del gas naturale, con le dovute
cautele derivanti dalla forte volatilità dei prezzi, si aggireranno intorno a circa
100 euro/MWh fino al termine dell’anno in corso, a circa 65 euro/MWh per il
2023 e a circa 45 euro/MWh per il 2024”. In pratica, a fine anno il gas avrà lo
stesso prezzo di oggi e presumibilmente senza significative variazioni in corso
d’anno; nel 2023 tornerà ai livelli di settembre 2021 e nel 2024 si attesterà sui
livelli di agosto scorso.
Il tema del price cap
Quanto al price cap, Besseghini ha rilevato che “se il tema di livello massimo
dei prezzi viene posto a livello di Unione europea, in particolare sul gas, siamo
in una dimensione di agire corretta, è la domanda che condiziona l’offerta”,
anche se “intervenire richiede certamente una coesione molto forte; se lo
facciamo a livello nazionale, rischi di diversificazione delle rotte sono molto più
marcati”.
“E’ bene, affrontando temi di fissazione di cap, molto delicati sui mercati,
riuscire per quanto possibile a condurre analisi di impatto attendibili”, ha
avvertito il numero uno di Arera.
Valutare i fattori che hanno inciso sui prezzi all’ingrosso
“Alla luce delle incertezze derivanti dall’attuale quadro geopolitico, in cui si sta
manifestando la crisi dei prezzi dell’energia in Europa, caratterizzata da
scarsità attesa dell’offerta di gas naturale – ha evidenziato il numero uno di
Arera – questa Autorità ritiene che il costante monitoraggio dei driver e dei
comportamenti degli operatori risulti, in questo periodo, ancor più necessario
per interpretare gli andamenti dei mercati all’ingrosso e supportare le
Istituzioni del Paese nelle scelte di politica energetica. In particolare, è
opportuno disporre di maggiori elementi per valutare i fattori che hanno inciso
sugli andamenti dei prezzi all’ingrosso”, ha precisato.
Bene l’intervento del Governo
“L’Autorità valuta molto positivamente l’iniziativa promossa dal governo con il
decreto-legge adottato nella riunione del Consiglio dei ministri del 18 marzo
2022, “Misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della
crisi Ucraina”, che impone ai titolari dei contratti di approvvigionamento di
volumi di gas per il mercato italiano di trasmettere a questa Autorità tali
contratti, al fine di meglio consentire lo svolgimento dell’attività di
monitoraggio”, ha affermato il presidente dell’Arera, secondo il quale “una
migliore comprensione dei meccanismi di funzionamento dei mercati
all’ingrosso, destinati a essere fortemente influenzati anche dalle recenti
scelte degli Stati membri e, in particolare, dell’Italia, di ridurre la dipendenza
dal gas russo, rafforzando le importazioni da altri Paesi terzi, richiede
necessariamente una maggior visibilità sui contratti a lungo termine di
approvvigionamento/importazione del gas naturale”.
L’indicizzazione dei prodotti petroliferi
“I contratti di lungo termine con clausole take or pay prevedevano
storicamente una indicizzazione ai prodotti petroliferi con medie intorno ai
sei/nove mesi precedenti aggiornate su base mensile/trimestrale e clausole di
rinegoziazione con cadenza pluriennale”, ha ricordato Besseghini. “Sulla
base delle informazioni disponibili, è verosimile ipotizzare che una parte
rilevante di questi contratti siano stati oggetto di rinegoziazione/rinnovo negli
ultimi anni, con la sostituzione dell’indicizzazione al prezzo del petrolio con
quella dei prezzi spot europei. Tuttavia, una parte dei medesimi contratti
potrebbe ancora prevedere meccanismi di indicizzazione diversi”.
fonte: THINK TANK QUOTIDIANO