ANALISI E COMMENTI – Comunità energetiche in crescita in Italia, ma in pochi ancora le conoscono

Comunità energetiche in crescita in Italia,
ma in pochi ancora le conoscono


Secondo un rapporto di Symbola, Tea e Ipsos, solo il 13% dei cittadini e il 32%
delle imprese sanno bene che cosa sono. Risparmio e sicurezza energetica tra
le ragioni per fondare una Comunità. Numerosi i ritardi burocratici.
di Flavio Natale
“Le comunità energetiche contro la crisi. Empatia, tecnologie e territori per
un’economia a misura d’uomo”: questo il titolo del rapporto prodotto da
Fondazione Symbola, gruppo Tea e Ipsos, che ha fatto il punto sulla diffusione
delle comunità energetiche in Italia e sul ruolo che queste possono assumere nella
lotta al caro bollette, all’emergenza climatica e alla povertà energetica.
Il documento, discusso a dicembre durante un evento di presentazione a cui
hanno partecipato, tra gli altri, Ermete Realacci (presidente della Fondazione
Symbola), Massimiliano Ghizzi (presidente del Gruppo Tea) e Raffaele Cattaneo
(assessore Ambiente e clima della Regione Lombardia), ha analizzato il livello di
conoscenza e diffusione delle Comunità attraverso una serie di questionari e
interviste al mondo delle imprese, alla società civile e alle diocesi.
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Ma prima di passare ai risultati: che cosa si intende esattamente per Comunità
energetiche rinnovabili (Cer)?
Le caratteristiche delle Comunità energetiche. Introdotte in Europa nel 2016
attraverso il Clean energy package (pacchetto di politiche adottate dall’Ue per
trasformare in modo sostanziale il sistema energetico europeo), le comunità
energetiche rappresentano quei gruppi di singoli cittadini e cittadine, enti locali o
aziende e cooperative di piccole dimensioni che, associandosi e diventando
comproprietari di impianti di energia rinnovabile “di vicinato” (fino a 200
chilowatt di potenza), producono energia per autoconsumo o, in caso di surplus di
produzione, la immettono in rete, ricevendo in cambio incentivi dal Gestore dei
servizi energetici (Gse), l’azienda pubblica che in Italia promuove le rinnovabili. Da
qui il termine prosumer, che indica quella categoria di utenti che non si limita al
consumo di energia, ma anche alla sua produzione.
Nel nostro Paese esistono a oggi 35 Comunità energetiche già operative (tra cui il
Consorzio Pinerolo Energia in Piemonte, “Energia Agricola a km 0” in Veneto, la
Comunità di Solisca in Lombardia o la più celebre Comunità di San Giovanni a
Teduccio, a Napoli), 41 in progetto e 24 che stanno muovendo i primi passi verso la
propria costituzione.
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ALL’ECOLOGIA INTEGRALE DI PAPA FRANCESCO
I vantaggi delle Cer. Come ricorda Giuseppe Lo Verso, responsabile Comunità
energetiche per Enel X, in un intervento pubblicato su FUTURAnetwork, le
Comunità energetiche determinano numerosi benefici di tipo ambientale, economico
e sociale per il territorio in cui nascono. I vantaggi ambientali sono legati
all’incremento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e alla
limitazione dello spreco di energia in perdite di rete (che si verificano con il trasporto
della stessa); quelli economici derivano dalla vendita dell’energia e dai meccanismi
di incentivazione previsti dalla legge per promuovere la transizione energetica; quelli
sociali, invece, sono collegati alla riduzione della povertà energetica, al
miglioramento dell’ambiente in cui le stesse comunità vivono, alla promozione di una
maggiore coesione tra gli individui.
“Le Comunità energetiche rinnovabili sono uno strumento formidabile per affrontare
la crisi climatica, abbassare le bollette, rendere l’Italia più libera da ricatti energetici
puntando sulle rinnovabili” ha dichiarato a proposito Ermete Realacci, che ha
sottolineato però il grande lavoro che resta da fare “per far conoscere e rendere
praticabili le Cer”, tra cui, in particolare, colmare il ritardo accumulato
nell’approvazione dei decreti attuativi.
Il Rapporto ha rilevato che le Comunità energetiche rappresentano “un fenomeno in
crescita nel nostro Paese”, sia a livello di conoscenza diffusa sul territorio che di
investimenti e progetti. Secondo il documento, tre imprese su quattro (75%) e una
persona su sei (15%) hanno sentito parlare di Comunità energetiche; tuttavia, è solo
il 13% dei cittadini e delle cittadine a conoscere bene il concetto di Cer, il 32% delle
imprese, ma ben il 47% dei referenti diocesani.
Perché partecipare a una Cer. Le principali ragioni indicate dalla popolazione per
prendere parte a una Comunità energetica, secondo il Rapporto, sono il risparmio e
la garanzia di indipendenza e sicurezza energetica sul territorio (tra i cittadini è il
65% a ritenere che le Cer possano essere uno strumento in grado di aiutarli
nell’affrontare la crisi energetica, quota che sale al 70% per le imprese). Anche se
numericamente più marginali, non mancano le aspettative positive in termini di
impatti sulla società e sull’ambiente (l’adozione di un modello più sostenibile, la lotta
alla povertà energetica, il rafforzamento dei legami di comunità). Tra le imprese le
principali opportunità individuate sono i vantaggi sulla bolletta energetica (62%), il
ritorno in termini di immagine (25%) e la possibilità di rendere più solido il legame
con la comunità locale e il territorio (20%).
La propensione a partecipare a una Cer, secondo i dati emersi dal Rapporto,
raggiunge quasi il 60% tra i cittadini e il 56% tra le imprese. L’85% dei referenti
diocesani ritiene che le Cer possano incidere positivamente in termini di aumento
dell’energia rinnovabile prodotta in Italia, ma è solo il 43% a sostenere che alcune
parrocchie riusciranno effettivamente ad adottare lo strumento delle Comunità
energetiche nei prossimi anni. Infine, sono soprattutto le imprese a vedere le Cer
come uno strumento attuabile in tempi brevi (41% pensa che si affermeranno nei
prossimi cinque anni).
L’ITALIA E IL GOAL 7 “ENERGIA PULITA E ACCESSIBILE”: ANALISI E
PROPOSTE DAL RAPPORTO ASVIS 2022
Ostacoli alla diffusione delle Comunità energetiche. Il Rapporto rileva anche una
serie di impedimenti nel percorso verso la realizzazione di nuove Comunità: tra
questi, la “scarsa informazione” sulle modalità e i tempi di realizzazione e sull’entità
degli investimenti economici previsti per fondare una Cer, la difficoltà nel cambio di
mentalità, l’incertezza sul quadro delle norme e i complessi adempimenti
burocratici.
Nonostante gli ostacoli presenti ancora sul percorso, le Comunità energetiche
possono promuovere una spinta significativa nel percorso verso la transizione verde,
“un cambiamento rispetto all’approccio al consumo”, come ha sottolineato
Massimiliano Ghizzi, che può diventare finalmente “condiviso, orientato al risparmio
e al bene comune”.
Scarica il Rapporto completo
Guarda il regolamento sulle comunità energetiche
I media parlano di ambiente in modo
discontinuo e inadeguato alle sfide globali
Marginale e legata alla cronaca: è questa l’informazione ambientale in
Italia descritta nel Rapporto Eco-media 2022. Occorre un cambio di
narrazione: la sostenibilità non più come una rinuncia, ma come
un’opportunità.
di Maddalena Binda
L’informazione ambientale in Italia è aumentata nel 2022, anche grazie a
una maggiore sensibilità del pubblico, ma rimane marginale e strettamente
legata alla cronaca. È quanto emerge dal Rapporto “Eco-media 2022″ di
dicembre, a cura di Pentapolis institute Ets con la collaborazione scientifica
dell’Istituto per la formazione al giornalismo di Urbino, che tra il 1° gennaio e il
30 settembre 2022 ha monitorato la copertura dei temi ambientali nei media
italiani.
Tutti i media analizzati dal Rapporto, dai giornali cartacei ai social media,
hanno mostrato un’attenzione maggiore per i temi ambientali in concomitanza
con eventi climatici catastrofici, come ad esempio il crollo del ghiacciaio della
Marmolada a luglio e l’alluvione nelle Marche a settembre. Spazio alle
tematiche ambientali è stato dedicato anche in occasione delle giornate
mondiali e di importanti incontri internazionali.
Televisione. Nei telegiornali e nei programmi televisivi la transizione
energetica e le energie rinnovabili sono state discusse in relazione alla guerra
in Ucraina, all’aumento del prezzo del gas e al caro bollette, mentre si è
parlato di clima e ambiente per raccontare la crisi idrica e le alluvioni
verificatesi in Italia e in altri Paesi. Mobilità sostenibile ed economia circolare
sono state invece temi centrali delle pubblicità. Un esempio positivo sono i
programmi pomeridiani di Rai 3 e i telegiornali regionali che hanno
presentato iniziative locali per lo sviluppo sostenibile, progetti di ricerca
ambientale e start up legate alla green economy.
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CLIMATICA SOLO NELLO 0,5% DEI CASI”
Giornali. Dal monitoraggio si rilevano alcune differenze nei temi trattati tra
la versione cartacea dei quotidiani e quella online. I giornali cartacei
dedicano particolare attenzione all’economia circolare, alla transizione
ecologica e allo sviluppo sostenibile. Sui giornali online le parole chiave più
ricorrenti sono transizione ecologica, rinnovabili, cambiamento climatico e
inquinamento. Il Rapporto evidenzia inoltre come le tematiche ambientali
siano discusse frequentemente su Libero, giornale in cui l’Agenda 2030 è
stata la parola chiave più utilizzata nel periodo monitorato.
Radio. Si è dimostrata più sensibile ai temi della transizione ecologica Radio
24, seguita da Rai radio 1, mentre Rds e Radio capital per mesi non hanno
nominato parole chiave come inquinamento, mobilità e sviluppo sostenibili,
secondo quanto evidenziato da Openpolis.
Social media. Il Rapporto ha, inoltre, analizzato i profili social dei giornali
oggetto del monitoraggio: rinnovabili, transizione ecologica e cambiamento
climatico sono state le parole chiave più citate. IlSole24Ore è il giornale che
pubblica maggiormente contenuti legati ai temi ambientali sui propri social. I
post del quotidiano Domani approfondiscono le questioni ambientali, mentre
quelli di Repubblica hanno “un taglio molto personalista”, riportando, ad
esempio, dichiarazioni di Greta Thumberg o di Papa Francesco.
Verso una nuova narrazione. “La nostra società, anche grazie al recente
impegno dei giovani, ha ormai preso coscienza dei problemi che abbiamo di
fronte e domanda interventi urgenti, che operino una giusta transizione
ecologica: in questo scenario, i media hanno un ruolo molto importante,
decisivo, di formazione e accelerazione nel centrare i 17 Obiettivi di sviluppo
sostenibile”, ha affermato Massimiliano Pontillo, direttore di Eco-Media.
In particolare, come si legge nell’introduzione del documento, “c’è bisogno di
un giornalismo più moderno, capace di connettersi con le questioni
economiche: il green, purtroppo, tende ad essere eccessivamente
spettacolarizzato e non viene percepito del tutto nelle forti attinenze con il
sistema produttivo”. Ciò che serve ora è “un cambio di paradigma: una
sostenibilità e un’ecologia del desiderio, non solo del dovere”. Occorre
dunque raccontare la sostenibilità non solo in termini di rinunce e divieti, ma
anche di opportunità per migliorare la qualità di vita e costruire un futuro più
confortevole per le persone e per il Pianeta.
Consulta il Rapporto

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