ANALISI E COMMENTI – Bankitalia: incertezza per l’economia mondiale. In Italia ha pesato «instabilità politica»

Bankitalia: incertezza per l’economia mondiale.
In Italia ha pesato «instabilità politica»


di Carlo Marroni
Rapporto di Via Nazionale su stabilità finanziaria: banche solide
Incertezza. È questo lo scenario sul finire del 2022: l’economia mondiale è
fortemente condizionata dall’elevata inflazione, dalle difficoltà di
approvvigionamento energetico e alimentare, nonché dal rallentamento
dell’economia cinese. Il Secondo rapporto sulla stabilità finanziaria della
Banca d’Italia ricorda che le banche centrali di molti paesi stanno
proseguendo nel processo di normalizzazione della politica monetaria per
contrastare le pressioni inflazionistiche. E in Italia? I rischi per la stabilità
finanziaria sono aumentati negli ultimi mesi, “principalmente a causa della
persistente instabilità geopolitica, dell’incremento delle pressioni inflative e del
peggioramento delle prospettive di crescita”.
«Economia deve crescere, politiche bilancio prudenti»
«Per consolidare la tendenza alla riduzione dell’indebitamento netto e del
debito pubblico, nel corso dei prossimi anni sarà importante – scrive Bankitalia

  • conseguire un significativo e stabile aumento del potenziale di crescita in un
    contesto di prudenti politiche di bilancio, facendo anche leva sull’attuazione
    del PNRR». Dalla fine di aprile lo spread fra titoli di Stato italiani e tedeschi è
    progressivamente aumentato, raggiungendo durante l’estate circa 250 punti
    base, livello prossimo a quello toccato all’inizio della pandemia, ma molto
    distante da quanto osservato durante la crisi del debito sovrano. Dalla metà di
    ottobre lo spread si è ridotto, scendendo al di sotto di 190 punti.
    Per le banche si riduce il tasso di incidenza dei crediti deteriorati
    In questo quadro le banche si mostrano solide. «Nel corso dell’anno il
    peggioramento delle condizioni macrofinanziarie e il graduale venire meno
    delle misure di sostegno a famiglie e imprese non si sono riflessi sulla qualità
    degli attivi bancari. Il tasso di deterioramento dei prestiti si è lievemente ridotto
    rispetto alla fine del 2021, mantenendosi su livelli bassi. La consistenza dei
    crediti deteriorati ha continuato a diminuire». La quota dei prestiti per i quali le
    banche rilevano un significativo aumento del rischio (classificati nello stadio 2
    dell’IFRS 9) è leggermente diminuita, seppure eterogenea tra intermediari.
    Stabili le esposizioni verso Russia e Ucraina
    Le esposizioni dirette verso Russia, Bielorussia e Ucraina sono rimaste stabili
    dalla fine del 2021, allo 0,7 per cento del totale delle attività finanziarie, a
    fronte di un consistente aumento dei tassi di copertura. Rimane limitata
    l’esposizione delle banche nei confronti di imprese importatrici ed esportatrici
    verso i paesi in conflitto (0,35 per cento dei prestiti). Sull’evoluzione
    prospettica della qualità degli attivi bancari gravano tuttavia il rallentamento
    congiunturale, le conseguenze macroeconomiche del conflitto in Ucraina, il
    rialzo dei tassi di interesse e le tensioni sui mercati dei beni energetici.
    Mutui: ora prevalgono quelli a tasso fisso
    Sul fronte dei mutui ipotecari la situazione, nello scenario di aumento dei tassi,
    è tranquillizzante, l’esposizione al rischio di un aumento dell’onere del servizio
    del debito sui prestiti per l’acquisto di abitazioni è contenuta. A settembre del
    2022 la quota dei mutui a tasso variabile (solitamente parametrizzati a un
    tasso di mercato come l’Euribor) non raggiungeva il 40 per cento del
    complesso di quelli in essere, un livello basso in prospettiva storica. Prima
    della crisi finanziaria del 2008 la quota oscillava intorno all’80 per cento; si è
    poi ridotta gradualmente dalla seconda metà del 2015. A partire da quell’anno,
    anche in seguito alle politiche monetarie divenute più accomodanti, il divario
    tra i tassi fissi e quelli variabili applicati ai nuovi mutui si è progressivamente
    attenuato, fino a raggiungere un livello analogo a quello dell’area dell’euro.
    Questa dinamica ha riflesso la maggiore riduzione del costo dei finanziamenti
    a tasso fisso che, unitamente al beneficio derivante dalla protezione dal
    rischio di futuri rialzi dei rendimenti di mercato, ha portato le famiglie a
    preferire questa tipologia di mutui.

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