ANALISI E COMMENTI – Auto elettrica, una rivoluzione difficile che apre nuovi scenari industriali e opportunità

Auto elettrica, una rivoluzione difficile che
apre nuovi scenari industriali e opportunità

di Filomena Greco


Al Festival dell’Economia di Trento, si è parlato dei rischi e delle
opportunità offerte dalla transizione energetica legata alla mobilità
e all’automotive
La transizione verso l’auto elettrica è senza dubbio una delle più discusse.
Usando una espressione di Carlos Tavares, ceo di Stellantis, Gian Primo
Quagliano del Centro Studi Promotor fissa un punto di partenza del dibattito
dal titolo “«L’auto elettrica, come cambia un settore chiave dell’industria
manifatturiera», organizzato durante il Festival Economia a Trento, coordinato
da Mario Cianflone:
«L’auto elettrica non è una scelta dell’industria ma della politica, per portare
avanti la decarbonizzazione». Il rischio ideologico resta alto, perché la
transizione è solo all’inizio, pone un tema di dipendenza rispetto alla
produzione asiatica di batterie, apre al rischio di forti ricadute sull’occupazione
e presenta un problema pesante sul fronte del fabbisogno aggiuntivo di
energia elettrica da fonte rinnovabile. Chi come Quagliano ha un approccio
critico elenca le difficoltà: «Prezzo elevato per mancanza di economie di
scala, necessità di incentivi e di forti investimenti sulla rete di ricarica, limiti
attuali delle tecnologie di produzione delle batterie, sul fronte della densità
energetica e delle materie prime come il litio».
Da Alberto Viano amministratore delegato di LeasePlan e presidente di
Aniasa, Associazione Nazionale Industria dell’Autonoleggio, arriva un vero e
proprio appello per sostenere la rivoluzione dell’auto a ioni di litio: «Non
facciamo in Italia una battaglia di retroguardia ma investiamo per sviluppare
nuove soluzioni. Quella delle batterie non è ancora matura, la partita deve
ancora giocarsi sul fronte delle tecnologie». Car sharing e flotte aziendali
rappresentano un potenziale acceleratore per lo sviluppo della mobilità
elettrica grazie a nuovi modelli che valorizzano l’uso rispetto alla proprietà,
aggiunge Viano. «Tanto più si acquista l’utilizzo tanto più l’auto elettrica rende
più semplice il servizio in alcune condizioni. Ci sono dunque indubbi vantaggi,
ma il tema verso è facilitare un ecosistema in grado di sostenere e non
sfavorire la mobilità elettrica» sottolinea Viano. Dunque risorse non tanto agli
incentivi quanto alle infrastrutture di ricarica.
E allora, cosa serve per accelerare? Elisabetta Ripa, ceo di Enel X Way
elenca le necessità: «Anzitutto serve una semplificazione burocratica, oggi
servono 22 permessi per una colonnina e serve più tempo per autorizzarla
che per produrla e installarla. Serve poi sensibilizzare le istituzioni locali e
serve cambiare le regole per l’installazione dei sistemi di ricarica». Sul fronte
energetico, invece, la sfida è di spingere sulle rinnovabili e sulla
semplificazione.
Dal punto di vista industriale, ribadisce Marco Bentivogli, coordinatore
nazionale Base Italia, la questione centrale è gestire un processo complesso
che vede una semplificazione delle produzioni e uno spostamento sulle
batterie del valore lungo l’intera filiera. «In Italia non c’è produzione di batterie
– sottolinea Bentivogli – né filiera. allora serve accelerare sullo sviluppo delle
tecnologie in Europa, visto che la maggior parte dei progetti sono sulla carta,
e lavorare sulle nuove competenze necessarie alla futura mobilità, a iniziare
dal reskilling».
Tutto questo con un occhio a Bruxelles, che si prepara a votare o “emendare”
Fitfor55 per decidere lo stop dei motori endotermici al 2035 con abbattimento
delle emissioni di CO2 del 100% o del 90%, ipotesi emersa nelle ultime
settimane. la via dell’auto sostenibile non è ancora stata tracciata
completamente e la guerra in Ucraina ha aperto questioni cruciali come quello
della politica energetica ed delle fonti rinnovabili al fine di non spostare il
problema delle emissioni di CO2 da un capo all’altro della filiera ma risolverlo,
magari, puntando su soluzioni tecnologicamente neutrali.

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