AMBIENTE – Cosa prevede il Piano nazionale per la transizione ecologica

Cosa prevede il Piano nazionale per la
transizione ecologica


Approccio sistemico, risposta alle sfide del Green deal guardando al
2050, principio “senza lasciare nessuno indietro”, lavoro, fiscalità di
vantaggio e rivoluzione culturale: questi i temi principali al centro del
Piano
di Luigi Di Marco
È stato finalmente pubblicato il Piano per la transizione ecologica (Pte),
approvato dal Comitato interministeriale per la transizione ecologica (Cite) con
delibera n. 1 dell’8 marzo 2022.
Il Pte, già oggetto di consultazione pubblica lo scorso autunno, persegue
specificamente lo scopo di offrire un inquadramento generale sulla
strategia per la transizione ecologica italiana, definendo un quadro
concettuale anche per gli interventi previsti dal Piano nazionale di ripresa e
resilienza (Pnrr).
Si tratta di un nuovo strumento di programmazione nazionale che è stato
concepito con l’istituzione dello stesso ministero della Transizione ecologica e
del Comitato interministeriale della transizione ecologica, avvenuta con il D.L
1° marzo 2021 n. 22 (Disposizioni urgenti in materia di riordino delle
attribuzioni dei ministeri), convertito con modificazioni dalla Legge 22 aprile
2021, n. 55.
Come indica il disposto normativo citato, il Pte dovrà coordinare le seguenti
politiche:
a. riduzione delle emissioni di gas climalteranti;
b. mobilità sostenibile;
c. contrasto al dissesto idrogeologico e al consumo del suolo;
d. risorse idriche e relative infrastrutture;
e. qualità dell’aria;
f. economia circolare.
Nelle sue premesse, il Pte enuncia l’intenzione di perseguire un approccio
sistemico, orientato alla decarbonizzazione ma non solo; caratterizzato da
una visione olistica e integrata, che include la conservazione della biodiversità
e la preservazione dei servizi ecosistemici, integrando la salute e l’economia e
perseguendo la qualità della vita e l’equità sociale.
Il Pte approvato dal Cite è definito all’interno del testo come una prima
versione 1.0, da integrarsi con un secondo documento, in cui saranno
presentati dati quantitativi e specifici cronoprogrammi.
La soglia temporale del Pte arriva fino al 2050, anno in cui l’Italia deve
conseguire l’obiettivo, chiaro e ambizioso, di operare “a zero emissioni nette di
carbonio” e cioè svincolandosi da una linearità tra creazione di ricchezza e
benessere con il consumo di nuove risorse e/o aumento di emissioni.
Il Pte richiama il Green deal europeo e tutti i suoi diversi macro-obiettivi,
così come anche specificamente l’Agenda 2030 delle Nazioni unite.
Il riferimento all’Agenda 2030 è riportato nel capitolo 2 intitolato “Il futuro che
vogliamo”, richiamando di fatto il titolo della dichiarazione Onu Rio+20 del
2012, da cui si è sviluppato il processo che ha portato alla definizione della
stessa Agenda 2030 e dei suoi SDGs.
I 17 Goal dell’Agenda 2030 vengono definiti nel Pte principi “rivoluzionari”,
dalla portata applicativa complessa, di cui l’Italia ha voluto farsi interprete con
l’approvazione della Strategia nazionale di sviluppo sostenibile. Viene
evidenziato che il ruolo attribuito al Cite, di coordinare i percorsi di attuazione
e revisione della Strategia nazionale di sviluppo sostenibile, crea un legame
indissolubile tra la transizione ecologica e la sostenibilità che risponde al
quadro di riferimento dell’Unione europea.
Il Pte così individua i presupposti per il successo della transizione ecologica:
● il consenso, la partecipazione e un approccio non ideologico alle
questioni aperte. Sarà necessaria la volontà collettiva di collaborare al
di là delle divergenze, che dovrà unirsi alla piena disponibilità a
cambiare comportamenti e pratiche consolidate e ad operare
concretamente attraverso l’impegno pubblico, dei singoli cittadini, delle
imprese e del settore no-profit;
● centralità della ricerca scientifica nella produzione di innovazione;
● semplificazione delle regole che governano l’attuazione dei progetti,
in modo da rendere possibile l’impegnativa opera di trasformazione nei
tempi e nei modi previsti.
Il Pte rinvia a successive pianificazioni settoriali (Piano integrato energia e
clima, Strategia biodiversità, Strategia per l’economia circolare, ecc.), i cui
contenuti vengono riassunti e anticipati sinteticamente nelle otto aree seguenti
che ne rappresentano i contenuti essenziali.

  1. Decarbonizzazione: perseguendo l’obiettivo di portare avanti a tappe
    forzate il processo di azzeramento delle emissioni di origine antropica di gas a
    effetto serra fino allo zero netto nel 2050. Al 2030 viene riportato l’obiettivo del
    taglio delle emissioni del 55% in conformità al target europeo del pronti per il
    55% (diffuso anche l’utilizzo della denominazione in inglese fit for 55). Il Pte
    ipotizza uno sforzo ulteriore nelle politiche di risparmio energetico,
    soprattutto nei settori dei trasporti e dell’edilizia. La generazione di energia
    elettrica, a sua volta, dovrà dismettere l’uso del carbone entro il 2025 e
    provenire nel 2030 per il 72% da fonti rinnovabili, fino a sfiorare livelli
    prossimi al 95-100% nel 2050. In parallelo non si dovrà trascurare il
    perdurante fenomeno della povertà energetica, che in Italia interessa il 13%
    delle famiglie, nuclei che per motivi economici e sociali non riescono a
    riscaldare o raffreddare adeguatamente la propria abitazione. Il Pte riporta
    come dato rilevante che l’Italia beneficia di un irraggiamento solare
    superiore del 30-40% rispetto alla media europea, ma che questi vantaggi
    energetico-ambientali sono stati ostacolati da difficoltà autorizzative che
    hanno frenato gli investitori e la crescita del settore.
  2. Mobilità sostenibile: indicando come necessario identificare soluzioni per
    incrementare i livelli di appetibilità e fruibilità del servizio di trasporto
    pubblico, creando tutte le condizioni che assicurino un effettivo shift modale
    verso l’utilizzo del mezzo pubblico, dunque con una maggior estensione del
    trasporto su ferro (come già avviato nel Pnrr). La mobilità privata dovrà
    progressivamente essere convertita a emissioni zero. In linea con questi
    obiettivi, la filiera industriale dell’automotive deve accelerare lo sviluppo di
    modelli convenienti, maturi nelle tecnologie e con adeguata capacità di
    accumulazione di energia (batterie).
  3. Inquinamento dell’aria: portare l’inquinamento sotto le soglie di
    attenzione indicate dall’Organizzazione mondiale della sanità, verso un
    sostanziale azzeramento, per portare benefici alla salute umana e agli
    ecosistemi, con riferimento al piano d’azione zero inquinamento dell’Ue, di cui
    il Pte riprende anche gli obiettivi intermedi: al 2030 ridurre di oltre il 55% gli
    impatti sulla salute (morti premature) dell’inquinamento atmosferico.
  4. Contrasto al consumo di suolo e al dissesto idrogeologico: il Pte indica
    fondamentale prendere atto che questi aspetti sono strettamente connessi tra
    di loro e ai cambiamenti climatici e che nel territorio italiano, molte
    problematiche connesse al consumo di suolo, al dissesto e all’adattamento
    dei cambiamenti climatici sono riscontrabili anche in relazione alla dinamica e
    morfologia evolutiva dei corsi d’acqua. Per minimizzare queste dinamiche
    distruttive è necessario da un lato adottare obiettivi stringenti di arresto del
    consumo di suolo, fino a un suo azzeramento netto entro il 2030,
    dall’altro migliorare sensibilmente la sicurezza del territorio e delle
    comunità più vulnerabili, al fine di tutelare il paesaggio e il patrimonio
    storico e artistico del Paese. E cita in proposito l’art.9 della Costituzione.
  5. Il miglioramento della gestione risorse idriche e delle relative
    infrastrutture: il Pte indica che le strategie di adattamento ai cambiamenti
    climatici, anche in considerazione del probabile aumento di frequenza e
    intensità degli eventi di siccità, riguardano anche l’ottimizzazione dell’utilizzo
    delle risorse idriche (a scopo civile, industriale e agricolo). Indica che in
    continuità con i progetti impostati dal Piano di ripresa e resilienza, il Pte
    intende completare l’opera di efficientamento e potenziamento delle
    infrastrutture idriche entro il 2040.
  6. Il ripristino e il rafforzamento della biodiversità: il Pte sottolinea come la
    crisi della biodiversità messa a repentaglio non solo dai cambiamenti climatici
    ma anche dal sovrasfruttamento delle risorse abbia effetti sulla capacità di
    mitigazione e adattamento del nostro territorio agli impatti climatici in termini di
    minore assorbimento di carbonio da parte dei sistemi naturali (suolo, foreste,
    zone umide) e di maggiore vulnerabilità alle anomalie climatiche ed eventi
    estremi. La Strategia nazionale al 2030 in via di approvazione riflette la
    Strategia biodiversità al 2030 dell’Ue includendo tra le misure il
    rafforzamento delle aree protette dall’attuale 10,5% al 30% della
    superficie, e dal 3 al 10% di protezione rigorosa entro il 2030.
  7. La tutela del mare: il Pte indica gli stessi target minimi di tutela al 2030
    anche per il mare, e misure più incisive di contrasto alla pesca illegale. Inoltre
    evidenzia la necessità di costruire un’alleanza tra le politiche di protezione
    dell’ambiente marino e le politiche che disciplinano le attività marittime,
    in particolare per quanto riguarda i trasporti e la pianificazione dello spazio
    marittimo, la pesca, l’acquacoltura e la produzione offshore di energia.
  8. La promozione dell’economia circolare, della bioeconomia e della
    agricoltura sostenibile: passare da un modello economico lineare a un
    modello circolare, con il fine ultimo di creare entro metà secolo un
    modello additivo e non sottrattivo di risorse. Il modello di
    produzione/consumo va dunque ripensato in funzione di una produzione
    additiva, in modo da permettere non solo il riciclo e il riuso dei materiali ma
    anche il disegno di prodotti durevoli, improntando così i consumi al risparmio
    di materia e prevenendo alla radice la produzione dei rifiuti. Al contempo
    vanno eliminate inefficienze e sprechi e va promossa una gestione
    circolare delle risorse naturali dei residui e degli scarti anche in ambito
    agricolo e più in generale nei settori della bioeconomia. La Strategia
    nazionale per l’economia circolare è di prossima approvazione nel quadro
    delle riforme previste dal Pnrr. Mentre per l’agricoltura il ruolo strategico sarà
    svolto dal piano nazionale per la Pac (Politica agricola comune).
    Il Pte offre enunciazioni di principio e prime indicazioni su alcuni aspetti di
    contesto essenziali quali l’inclusione sociale dei processi (citando il
    principio dell’Agenda 2030 “non lasciare indietro nessuno”), riferimenti alla
    dimensione occupazionale e alle necessità di upskilling e reskilling della
    forza lavoro, il ruolo della ricerca scientifica e delle capacità previsionali a
    lungo termine, il ruolo fondamentale della pubblica amministrazione e di una
    governance multilivello efficace, il rispetto della legalità, la partecipazione
    attiva della cittadinanza e degli attori economici come protagonisti, la
    necessità di attuare una “rivoluzione culturale” con l’educazione al centro.
    Un paragrafo è dedicato alle leve economiche per l’attuazione del Pte, in
    cui si insiste su misure di fiscalità che spostino il carico fiscale dal lavoro
    alle attività più inquinanti e maggiormente dannose per l’ambiente,
    trasformazione dei Sussidi ambientalmente dannosi (Sad) in Sussidi
    ambientalmente favorevoli (Saf), incentivi alle imprese e defiscalizzazione per
    le imprese che innovano nella direzione della transizione ecologica.
    Vengono previste misure di monitoraggio e rendicontazione, nonché la
    trasmissione alle Camere, entro il 31 maggio di ogni anno, di una relazione
    sullo stato di attuazione del Piano, dando conto delle azioni, delle misure e
    delle fonti di finanziamento adottate.
    Oms: co

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